Dopo il bombardamento su Mekelle di lunedì, inizialmente smentito dal governo federale, Addis Abeba conferma i nuovi raid aerei effettuati ieri sulla capitale tigrina. Bersaglio i depositi di armi delle milizie tigrine, secondo la versione fornita dal portavoce governativo Legesse Tulu, che accusa il Fronte di liberazione del popolo del Tigray (Tplf) di «nascondere armi pesanti nei luoghi di culto» e «usare i civili come scudi umani». Secondo i media locali le bombe hanno colpito il Mesfin Industrial Engineering, polo industriale che produce ricambi per auto ed è parte del gruppo Effort, controllato dal Tplf.

 

foto Ap

 

Lunedì fonti ospedaliere riportavano almeno tre civili morti sotto le bombe, tra cui due bambini. Il governo di Abiy Ahmed ha prima negato il raid, parlando di «bugia assoluta» e facendo capire di non avere interesse a colpire una città che «è parte dell’Etiopia»; poi all’agenzia di stampa statale Ena ha fatto sapere che gli attacchi erano sì avvenuti, ma «contro obiettivi del Tplf» e «adottando efficaci misure per prevenire vittime civili».

L’escalation militare intanto sembra fuori controllo soprattutto altrove: si combatte per il controllo dell’autostrada A2, che collega Addis a Mekelle. Scontri armati si registrano nella regione Amhara, dall’area di Gashena a Dessiè nell’est, da Hayk a Kombolcha, nel sud, a Wichale che sarebbe stata conquistata e poi ripersa dalle Forze di difesa del Tigray (Tdf) in seguito a una controffensiva delle forze etiopi.

Entrambe le parti annunciano l’arrivo di ingenti rinforzi nelle zone del fronte.