Dei settanta – la golden age della pop music capace al contempo di produrre star e fatturare stratosferici guadagni alle major del disco – Robert Stigwood – scomparso ieri a 81 anni, è stato uno dei personaggi dal maggior fiuto ed estro. Ad annunciarne la morte un tweet a firma di Spencer Gibb, il figlio di Andy Gibb (anch’esso scomparso un paio di anni fa) ovvero uno dei tre Bee Gees che sono stati il vero «capolavoro» nella vita del produttore, manager e impresario australiano. Gli inizi carriera promettono poco; una miriade di lavoretti a Adelaide dove è nato, un impiego come copywriter in un’agenzia pubblicitaria fino alla decisione di trasferirsi a Londra. È il 1965 e – come racconta lui stesso, parte senza il becco di un quattrino: «Solo tre pounds in tasca».

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Ma anche nella swingin London le cose non ingranano subito; tante idee e progetti sfumati fino alla decisione di fondare un’agenzia teatrale, la Robert Stigwood Associates, insieme a Stephen Komlosy. L’intuizione decisiva grazie al successo di uno degli attori della scuderia, John Leyton, che interpreta il brano Johnny Remember Me, sigla della soap dove recita, Harper’s West One arrivato in vetta alla hit britannica. Stigwood decide così di concentrarsi sulla musica diventando uno dei primi produttori indipendenti ad operare nel Regno Unito. Non saranno rose e fiori, ancora problemi finanziari e una bancarotta. Si risolleverà diventando, per poco, manager degli Who, curando il management dei Cream, il supergruppo composto da Eric Clapton, Jack Bruce e Ginger Baker. La sua strada incrocerà quella dei Beatles, prima della decisione del quartetto di Liverpool di fondare nel 1967 la Apple Cops.

È un anno cruciale anche per Stigwood: fonda la Robert Stigwood Organization che ingloba l’etichetta discografica Rso e mette sotto contratto un gruppo di ragazzini appena sbarcati a Londra dall’Australia, dove sono delle vere star: i Bee Gees. «Ho amato subito i loro pezzi – racconta nel 1977 a Rolling Stones – e le armonie vocali. Suppongo sia un suono che solo i fratelli possono avere». Le prime hit sono New York Mind Disaster 1941 e To Love Somebody, ma è in piena era disco che il connubio Stigwood/Bee Gees, nel frattempo specializzatosi nel portare su grande schermo musical di Broadway come Tommy degli Who – Jesus Christ Superstar e poi Grease – tocca l’apice. Stigwood commissiona ai tre fratelli la colonna sonora di Saturday Night Fever. Il resto è storia, basti dire che nel 1978 dei 19 singoli arrivati in testa alla pop chart di Billboard, otto sono targati Rso, l’etichetta dal logo indimenticabile: una mucca rossa diventata un brand della pop culture. Stigwood è per Newsweek: «lo Ziegfield dell’era disco».

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Con qualche incidente di percorso: il fiasco clamoroso del (modesto) rifacimento di Sgt. Peppers con i Bee Gees al posto dei Beatles, i deludenti risultati del sequel di Saturday Night Fever, Stayin alive e Grease 2 e una causa da 200 milioni di dollari per royalties non versate intentata nel 1980 dai suoi (ex) pupilli Bee Gees.

Nel 1984 abbandona la Rso e l’ultimo colpo al cinema sarà ancora un musical a firma Tim Rice diventato film: Evita (1996) protagonista -per una volta perfetta – Madonna.