«Quest’anno non vengo. Boicotto Cannes!». Pierre Rissient usava ogni arma immaginabile per avanzare le cause dei film che amava. Persino, quando uno di essi non era selezionato o non era messo in una posizione adeguata, minacciare di non venire al festival di cui è stato una fondamentale eminenza grigia (riconosciuta o meno nell’organico) per oltre cinquant’anni. Senza Rissient – si leggeva tra le righe della sua minaccia- Cannes non sarebbe Cannes. In genere, dopo due o tre giorni, e magari con un’espressione tutta «sulle sue», Pierre arrivava sempre sulla Croisette borbottando contro lo sgarro mentre allo stesso tempo ti indirizzava verso altri titoli «imperdibili». Convocandoti – quando non ti acchiappava al volo mentre uscivi dall’ascensore – nella minuscola hall dell’Hotel Splendid, il suo ufficio virtuale fino a un paio di anni fa, quando l’albergo era diventato troppo caro. Guai a te se non lo vedi! Tuonava mischiando al francese il suo inglese pesantemente accentato. Pierre Rissient è morto due giorni fa, a 81 anni. E, bisogna riconoscerglielo, Cannes non sarà più la stessa.

Cinefilo, produttore, regista, distributore, ufficio stampa, promoter, instancabile scopritore e consumatore di cinema, soggetto di ben due documentari (Pierre Rissent: Man of Cinema, di Todd McCarthy e Pierre Rissent: Gentleman Critic, di Benoit Jaquot, Pascal Merigeau e Guy Seligmann – entrambi presentati a Cannes), possessore di una collezione infinita di magliette festivaliere e dotato di un’outline (la figura imponente, pelato, la pancia) che ricordava un po’ quella di Hitchcock) Rissient era parte di una generazione che vive/viveva il cinema come avventura, anche geografica.

Fu lui a scoprire Jane Campion in Australia. Hou Hsiao Hsien, King Hu, Zhang Yimou e Hong San –soo, sono solo alcuni degli autori che ha appoggiato sulla scena internazionale, fin dagli inizi delle rispettive carriere. L’Asia da sempre la sua grande passione. Un altro suo pupillo, il coreano Lee Chan-dong è in concorso a Cannes quest’anno con Burning, film che Pierre stava promuovendo a Parigi quando è mancato.

Sempre nel programma di quest’anno, la versione restaurata di uno dei film che ha diretto, Five and Skin (1982). La proiezione, in memoriam, sarà presentata da Bertrand Tavernier, un grandissimo amico e complice di cinefilia. Clint Eastwood, che gli deve la sua fortuna critica in Europa e che era un altro dei suoi migliori amici, lo chiamava Mr. Everywhere (il signor dappertutto). Tra gli altri autori americani prediletti erano quelli della lista nera, John Berry, Joseph Losey e Jules Dassin. Tra i contemporanei gli piaceva molto Quentin Tarantino. Ma Pierre aveva sempre bisogno di nuove scoperte, di nuove cause da spingere. La sua un’idea di cinema dall’estetica precisa e dallo slancio profondamente romantico. Parlare di un film con Pierre era una gioia, una sfida, una lezione, a volte un mal di testa…Non si è mai stancato di crederci. Era uno dei grandi vecchi più giovani che ho conosciuto. Ha cominciato facendo l’assistente alla regia sul set di Fino all’ultimo respiro.