Ancora pochi mesi fa era in giro per il mondo per pianificare «le celebrazioni» per il suo centesimo compleanno, definendosi: «La più anziana donna dello show business». Si è spenta a 99 anni, nella sua casa a Fort Myers in Florida, la «regina dello swing» Norma Miller, l’icona di Harlem e unica sopravvissuta di una stagione epocale della musica america, quella definita dai funambolici volteggi del «lindy hop», un ballo che nei ’30 e ’40 aveva fatto la fortuna di locali entrati poi nella leggenda come il Savoy Ballroom e il Cotton Club.

DI FAMIGLIA poverissima, il padre era morto prima che lei nascesse, viveva in un fatiscente appartamento insieme alla madre e alla sorella, le cui finestre – un segno del destino – si affacciavano proprio sull’ingresso di una sala da ballo che l’avrebbe di lì a poco vista protagonista. Venne scoperta nel 1932 dal grande talent scout dello swing «Mouth» George Ganaway, che la fece debuttare ad appena 12 anni. L’ascesa è velocissima, tre anni dopo guidata da Frankie Manning – un maestro dello swing – che attraverso un rigidissimo insegnamento, le insegnò tutti i segreti del ballo che le consentiranno di esibirsi con enorme successo sui palcoscenici di Broadway. Verranno poi i tour nei teatri di Londra, Parigi e altre città del vecchio continente. E poi il cinema, la Metro Goldwin Mayer la fece debuttare sul set di A Day at the races (1937), circondata da star: i Fratelli Marx, Allan Jones e Maureen O’Sullivan a cui farenno seguito molti altri film . Raccontava nelle interviste le difficoltà di essere afroamerican nell’America razzista: « Io per di più ero anche donna. Siamo stati discriminati e segregati, e questo rimarrà, ma a New York tutti quanti potevano andare al Savoy, che metteva al centro la passione annullando ogni diversità. Lo swing all’epoca ha scritto un capitolo fondamentale della storia dell’integrazione, e dato una grossa mano perché questo “oggi” fosse così».