Se ne è andato a 89 anni per cause naturali Mose Allison, geniale pianista, cantante, autore in bilico perfetto tra jazz e blues. Era tra i musicisti preferiti di Joe Strummer (The Clash) che in Sandinista! rieseguirà Look Here, o di Pete Townshend che con gli Who omaggerà spesso dal vivo la sua Back Country Suite: Blues/Young Man’s Blues includendola anche nell’album Live at Leeds. La voce appena nasale, rilassata, magicamente «cool» si lasciava ispirare dai ritmi e dalle armonie del jazz. Il suo stile al piano – simile a quello di Otis Spann, storico pianista di Muddy Waters – era veloce, festoso e mai prevaricava sulle parole.

Nato in Mississippi e quindi interno a stili e modi blues, debutta nel ’57 con l’album Back Country Suite (Prestige). Nel 1963 esce Mose Allison Sings in cui per la prima volta la casa discografica gli consente di cantare un pezzo dopo l’altro. All’interno omaggia e (s)travolge nomi come Sonny Boy Williamson (Eyesight to the Blind), Jimmy Rogers (That’s all Right) o Willie Dixon (The Seventh Son) eseguendo anche Parchman Farm, una sua composizione che diventerà un classico tra i mod anni Sessanta. Negli anni smetterà di eseguirla perché «oggi sul delta del Mississippi sono solo macchine e pesticidi, il cotone non si raccoglie più a mano». La canzone rimandava al penitenziario di stato del Mississippi, carcere di massima sicurezza noto anche come Parchman Farm. Per William Faulkner quella era una «destinazione da incubo» cosi come per il bluesman Bukka White che ci finirà dentro e che maledirà nel pezzo Parchman Farm Blues. Nella canzone, Allison raccontava di sacchi di cotone (che lui stesso da piccolo raccoglieva nei campi) e di un uomo costretto a passare la vita dietro le sbarre perché «ho solo ucciso mia moglie». In un lampo, quel pezzo – una classica «murder ballad» – disvelava come il blues fosse di tutti, non necessariamente legato ad aree geografiche o connotato etnicamente.

https://youtu.be/pCpekvOkwNM

Ma la voce di Allison non squarciava solo il pregiudizio, andava ironicamente oltre: la rivista afro-americana Jet volle infatti intervistarlo convinto che fosse nero. In Mods!, storico testo di Richard Barnes dedicato all’omonima subcultura, il nome di Mose Allison ricorre spesso; c’è quando si parla dei Detours, la prima incarnazione degli Who, che eseguivano le sue canzoni e che per sfuggire ai paragoni con il blues urbano di Rolling Stones o Yardbirds lo elessero a modello ideale; c’è quando si menzionano Cyril Davis e Alexis Korner, padri del british blues e suoi estimatori o quando si parla di Georgie Fame la cui voce rimanda a quella di Allison. Anche Elvis Costello lo ha sempre riverito e così Frank Black dei Pixies che sull’album Bossanova gli dedicherà Allison. Negli anni è stato omaggiato da Jimi Hendrix, Tom Waits, Diana Krall o Karrin Allyson.

Va Morrison – con cui collaborerà nell’album Tell Me Something: The Songs of Mose Allison – lo descriverà come uno dei «grandi autori del Novecento». Di lui ha sempre convinto quel piglio antimilitarista e anticapitalista, la capacità di volare oltre i generi, l’ironia tagliente e sottilmente dark (si riascolti Your Mind Is on Vacation): per questo era stato soprannominato il «William Faulkner del jazz». Troppe associazioni con il mondo del rock hanno però finito per distorcere la leggenda dell’artista che veniva dal jazz e che al jazz sempre tornava. Aveva studiato pianoforte da piccolo e la tromba da adolescente; dal papà – un pianista di ragtime – e dalle scorribande boogie-woogie nei localini per neri assorbirà tutte le influenze che formeranno il suo stile. Nel 1945 frequenta la University of Mississippi che abbandona per arruolarsi nell’esercito; una volta congedato si laurerà in inglese studiando filosofia come disciplina secondaria; poi nel ’56 arriva a New York e la sua carriera decolla; formerà un trio e collaborerà con Gerry Mulligan, Stan Getz e molti altri. Per cinquant’anni ha registrato dischi (l’ultimo, a 82 anni, The Way of the World) esibendosi in una sfilza di club dove al pubblico era rigorosamente vietato fumare. Mose Allison, papà della cantante Amy Allison, lascia una moglie e quattro figli.