Quando Luigi Nono compose la sua opera per il Memoriale italiano che nel 1980 venne inaugurato ad Auschwitz, la commentò in questo modo «Non è una musica facile. È una musica dolorosa. L’unico consiglio che mi sento di darvi prima dell’ascolto: spegnete la luce, massimo silenzio, chiudete gli occhi». Un silenzio accorato, certo non quello dell’abbandono in cui versano le stanze che ospitavano l’opera e che da qualche mese si presentano ormai desolatamente vuote. Cancello sbarrato e memoria calpestata, dunque, per i nostri connazionali deportati e morti ad Auschwitz. Sino al 2011 i visitatori potevano visitare l’opera realizzata da alcuni tra i più importanti nomi della cultura italiana del Novecento tra cui gli architetti dello studio milanese BBPR (Lodovico Belgiojoso, Ernesto Rogers, Enrico Peressutti e Gian Luigi Banfi) che avevano lavorato assieme a Primo Levi per i testi, Pupino Samonà per i dipinti, Nelo Risi per la regia e Luigi Nono per le musiche. Una morte lungamente annunciata, quella del Memoriale italiano. L’ultimo capitolo è dell’aprile 2014 quando il direttore del Museo Statale di Auschwitz-Birkenau Dr Piotr M.A.Cywinski nella sua missiva all’Aned (l’Associazione degli ex deportati nei campi nazisti che del memoriale è titolare) e all’Ambasciatore d’Italia a Varsavia Riccardo Guariglia intimava un vero e proprio ultimatum per lo smontaggio del Memoriale dal Blocco 21. Chiedeva in modo perentorio una nuova installazione più conforme alle disposizioni definite dal Consiglio internazionale di Auschwitz. In sostanza il revisionismo polacco chiedeva che la Shoah oscurasse l’antifascismo esigendo che venissero rimossi i simboli comunisti e quella falce e martello che il Parlamento dal 2009 aveva messo fuori legge. L’accusa era che si trattava di «un’opera d’arte fine a se stessa, priva di valore educativo». Poco graditi soprattutto il racconto dell’ascesa del nazi- fascismo, del collaborazionismo, del razzismo di Stato, del ruolo delle multinazionali tedesche (soprattutto la Bayer). Per la Polonia era inopportuno ricordare oltre all’olocausto ebreo anche quello dei prigionieri politici comunisti, degli omosessuali, dei rom e dei disabili che trovarono la morte ad Auschwitz. E così, tra il silenzio ed il disinteresse assordanti dei governi italiani che si sono succeduti dal 2007 ad oggi e dopo anni di resistenze solitarie prima dell’Aned, poi del mondo accademico e artistico italiano capeggiato dall’Accademia di Belle Arti di Brera, nel maggio di quest’anno i tecnici e i restauratori dell’Istituto Centrale del Restauro e dell’Opificio delle Pietre Dure hanno smontato l’opera per trasferirla nello spazio Ex3 del quartiere Gavinana a Firenze, destinato a diventare Polo della memoria e centro di un museo diffuso sulla deportazione.
«Mai avrei voluto vedere le immagini dei restauratori che smontano pezzo per pezzo il Memoriale italiano – commenta Dario Venegoni, presidente ANED – Ricordo ancora lo sforzo immane da noi sostenuto quasi 40 anni fa per progettare, finanziare e allestire quell’opera nel Blocco 21 del campo; ricordo la generale commozione il giorno dell’inaugurazione, a cui io ero presente con mia madre ed un centinaio di altri ex deportati e familiari giunti appositamente dall’Italia. Che l’opera alla quale hanno lavorato così illustri autori sia smontata fa male al cuore. Nonostante ciò nell’aprile 2005 abbiamo raggiunto un accordo per il suo spostamento a Firenze, il pericolo era che venisse chiuso e disperso» conclude rispondendo così ad alcune critiche di cedimento rivolte da più parti all’Aned. A battersi per la conservazione in loco del memoriale anche l’arch. Gregorio Carboni Maestri autore nel 2013, assieme all’arch. Emanuela Nolfo, del progetto Glossa che proponeva una nuova contestualizzazione del Memoriale». Auschwitz, svuotata di qualsiasi contenuto politico, secondo Primo Levi è un luogo tragicamente destinato a diventare inutile, perché non spiega alle nuove generazioni alcunché. Diventa solo «un tragico evento». Questo evento – spiega Carboni Maestri- è fatto invece da elementi precisi, che vanno analizzati e compresi, uscendo dalla balla dell’uomo malvagio che ha ipnotizzano una nazione e ucciso milioni di vittime per il semplice gusto di farlo. Ad Auschwitz va spiegato da dove veniamo e verso dove andremo, da cosa nasce la barbarie. E la barbarie nasce solo da un elemento: dalla sconfitta del mondo del lavoro, come intuì Rosa Luxembourg. Quella vicenda ne fu la prova, oggi ne vediamo la tragica conferma, giorno dopo giorno. La storiografia di regime odierna preferisce una narrativa di Auschwitz alla «Schindler List», manichea e ingenua, con un «cattivo» (Hitler) e delle «vittime inerti» (i soli ebrei, «apatici») in modo che nessuno capisca, in definitiva, alcunché uscendo da quel campo di sterminio. Solo scossi dall’orrore, per poi essere incapaci di vedere l’orrore odierno o i possibili Auschwitz futuri. In modo che nessuno capisca che il nazifascismo nacque (e rinascerà) dalla sconfitta del mondo operaio, che lo stesso fu sconfitto solo dalla lotta vittoriosa di milioni di sovietici, dalle lotte dei partigiani, degli operai in sciopero a Sesto, degli operai statunitensi e inglesi al di là e al di qua dell’oceano che, soli, hanno sopportato lo sforzo di guerra in Regno Unito e Stati Uniti». A battersi contro lo smantellamento anche l’associazione Gherush92 che in una nota commenta «Al pari delle azioni belliche che mirano alla demolizione di mausolei ed antichi monumenti, anche le manipolazioni storico-politiche come la deportazione del nostro Memoriale, possono disintegrare la memoria delle vittime del Nazifascismo e della Shoà e abbandonare – come anziani archeologi a difesa di antichi monumenti – i partigiani e i deportati e, con loro, la Resistenza Italiana». Per vedere la storia del memoriale, il suo smontaggio ed il trasferimento l’Aned da appuntamento il pomeriggio del 27 gennaio alla Casa della Memoria di Milano. Gherush92 invece propone il 27 gennaio alle 10 al Centro Russo di Scienza e Cultura di Roma la conferenza «Come l’Armata Rossa liberò Auschwitz». Sarà presentato il progetto «Auschwitz Liberation» e si analizzerà la liberazione del campo di sterminio da parte dell’Armata Rossa.