]In un testo apparso sul suo sito, Doctissimo, nel febbraio di qualche anno fa scriveva: « Avevo ventitre anni quando la malattia si è manifestata per la prima volta. È accaduto dopo le riprese del film di François Truffaut, Tirez sur le pianiste (Tirate sul pianista, 1960). Per fortuna quella volta non è stata troppo dura, e io mi sono imposta di dimenticarla. Ma lei, la malattia, non mi ha dimenticata. Mi ha riacciuffata ai tempi di La menace (La minaccia, 1977), molti anni dopo. Questo lungo intervallo mi ha permesso di andare avanti nella carriera senza che la malattia fosse onnipresente nei miei pensieri».

 

 

La malattia però infine ha vinto, e Marie Dubois se ne è andata a settantasette anni a Pau, nel sud della Francia, per la sclerosi a placche che aveva inziato a divorarla da giovanissima e che seppure come lei stessa dice, non le aveva impedito di lavorare, è stata senz’altro all’origine della sua progressiva scomparsa dagli schermi.
Gli occhi di un blu intenso, illuminati da una luce piena di malinconia, Marie Dubois era nata a Parigi come Claudine Huzé il 22 settembre del 1937. Claudine, lo stesso nome dell’eroina prediletta dai romanzi di Colette, dopo la scuola sceglie la strada della recitazione, e si iscrive al Conservatorio di Parigi. Le tavole del palcoscenico esercitano sulla ragazza un’attrazione irresistibile. Timida, molto dolce, discreta, con una certa tendenza alla lacrima d’amore o di dolore, Claudine appare perfetta per le parti di bionda ingenua finché non viene scoperta dal cinema, e soprattutto dalla Nouvelle Vague che cambierà la sua vita, il suo nome, e i suoi ruoli.

 

 

Il primo a notarla è Eric Rohmer, che nel 1959 la sceglie per una piccola parte in Il segno del leone. Dopo sarà Godard a volerla tra le sue ragazze libere e stravaganti: Claudine è la bionda contrappunto della bruna (Anna Karina) in Une femme est une femme (La donna è donna, 1960). Il suo vero mentore però sarà François Truffaut, e il fatto che sia morta proprio ora, mentre a Parigi e ovunque si ricorda il regista nei trent’anni dalla scomparsa, sembra quasi uno strano gioco del destino.
Truffaut la nota in televisione, la tortura nei casting spingendola senza riuscirci a insultarlo. E cambia il suo nome: Claudine Huzé diventa Marie Dubois, dal romanzo di Jacques Audiberti, la storia di un poliziotto ossessionato dalle donne, che non riuscendo a conquistarne nessuna si innamora di una morta che le incarna tutte.
In Tirez sur le pianiste Marie Dubois è una delle donne che ruotano intorno al misterioso Charlie (Aznavour), pianista in un locale della periferia parigina. Non è la sola, ci sono anche la prostituta (Michèle Mercier), e la sposa nevrotica (Nicole Berger)ma lei, Marie Dubois, la bionda dagli occhi blu, è Lena, la cameriera innamoratissima del pianista, e pronta a tutto per liberarlo dal suo oscuro passato.

 

 

Lo sguardo di Truffaut accompagna la trasformazione della ragazza da cameriera in eroina di un noir. Lena viene uccisa una una pallottola, e il regista in un lungo piano fisso riprende il suo viso mentre muore, i capelli sparsi nella neve, come se fosse una principessa di ghiaccio.
Con Truffaut Marie Dubois tornerà sul set in Jules et Jim (1962) anche se in un ruolo meno centrale. Il seguito della sua carriera alterna commedie come La Grande Vadrouille di Gérard Oury (1966), a film d’autore come Le Voleur (Il ladro di Parigi) di Louis Malle o Mon Oncle d’Amerique di Resnais. Però avrà raramente l’occasione di far emergere del tutto il suo talento. Nel ’77 viene premiata col César per la migliore attrice non protagonista per il personaggio della donna gelosa e machiavellica in La Menace di Corneau.