Karol non c’è più. Difficile perfino scriverlo. Perché l’immagine di K. S. Karol, e il suo legame con Rossana Rossanda, sono stretti indissolubilmente alla storia del manifesto, meglio ancora, alla nostra nascita. Qui, nel collettivo, anche i giovanissimi hanno memoria di lui. Con il suo reportage dalle prime basi rosse di Mao del resto ha inizio la vita del giornale eretico diretto da Luigi Pintor.

Ma soprattutto resta indimenticabile per noi la sua persona, la sua ironia, la sua scrittura, il suo giornalismo coinvolgente. Che ci illuminava sulla Cina della Rivoluzione culturale e poi su quella turbinosa del dopo-Mao, sulla svolta di Gorbaciov a metà anni Ottanta nell’Unione sovietica e poi sul crollo improvviso del Muro di Berlino nell’89, fino ai primi disincanti e alle nuove guerre.

Un lavoro sul «socialismo reale» che è il cuore della nostra ricerca collettiva. E che lo vedeva protagonista sul campo dell’informazione internazionale anche nella redazione del «Nouvel Observateur». Quando partecipava alle nostre riunioni di redazione, le sue riflessioni, mai pedanti e sempre brillanti, trasmettevano la forza di un adolescente che ha in tasca il mondo e vuole cambiarlo. Un eterno «Solik», quello delle vicende fortunose di lui giovane comunista polacco volontario nella Russia in guerra.

Addio Karol, da tutto il diffuso e presente in redazione, collettivo del manifesto.

E un abbraccio fortissimo a Rossana.