Ilan Halevi amava descriversi «al 100% palestinese e al 100% ebreo». Parole che confondevano e, spesso, irritavavano parecchi dei suoi conoscenti israeliani. Halevi però non era uomo da scendere a compromessi rispetto alle sue idee e alla sua identità. Ed è rimasto fedele ai suoi principi fino alla sua ultima ora. Mercoledì il giornalista e attivista ebreo francese si è spento a Parigi dopo una lunga battaglia contro un male incurabile.

La vita di Halevi è stata un continuo rompere gli schemi. Nato a Lione nel 1943, fu uno dei consiglieri del leader palestinese Yasser Arafat che gli affidò l’incarico di responsabile per gli affari ebraici. Si unì al movimento di liberazione palestinese nel ranghi di Fatah dopo il 1974 e fece parte della delegazione dell’Olp alla Conferenza di Madrid del 1991. Dopo gli Accordi di Oslo del 1993, Halevi fu nominato rappresentante palestinese nell’Internazionale Socialista.

Anti-sionista convinto, Halevi aveva fatto parte del gruppo trotskista israeliano “Matzpen” –  assieme agli intellettuali Akiva Orr (scomparso lo scorso febbraio) e Michael Warschavski (Mikado) – a dimostrazione della sua volontà di mettere insieme i movimenti di resistenza e lotta all’interno delle società palestinese e israeliana.Warschawki lo ha ricordato così: «Noi non ereditiamo la nostra identità, ma la creiamo, sulle basi di dati genetici e sociologici, e questa identità è sempre multipla. Non ho mai conosciuto qualcuno con un’identità tanto multipla come Ilan Halevi. Ha giocato un ruolo chiave nel lungo processo di riconoscimento della Palestina da parte della comunità internazionale».