Voleva lasciare nel 2018, Hans Hurch, il direttore della Viennale e la prossima edizione nell’autunno 2017 sarebbe stata la sua ultima. Purtroppo non è andata così perché il suo cuore ha smesso di battere domenica scorsa, a Roma, nel torrido caldo di luglio. Era, come sempre, impegnato in un viaggio di lavoro, a visionare film, incontrare registi, scoprire nuovi talenti, altri tasselli per il programma del festival. Hans Hurch se n’è andato a soli 64 anni e come spesso accade per i grandi protagonisti della vita culturale, ogni singolo anno vale almeno il doppio per l’intensa attività svolta.

L’avevo conosciuto tanti anni fa, a Vienna, quando lui era caporedattore della rivista culturale della città Falter, promotore di eventi cinematografici in città e aveva già collaborato con Jean Marie Straub e Danièlle Huillet per La morte di Empedocle. Io ero una studentessa alla ricerca di informazioni sull’allora sconosciuto nuovo cinema austriaco e fu lui a darmi preziose indicazioni: a chi rivolgermi, dove scovare le opere più interessanti e le persone giuste con cui parlare.

Eravamo negli anni ottanta. Ci saremmo poi reincontrati dapprima per il progetto da lui curato nel triennio 1993-96, hundertjahrekino ossia «cento anni di cinema» con una miriade di iniziative per il compleanno della settima arte, tra rassegne, omaggi e film sperimentali creati appositamente, e poi perché era diventato animatore del festival di cinema della capitale austriaca, dove ero stata invitata per conto del manifesto, giornale di cui era un grande ammiratore. Nel frattempo Hans, grande manager della cultura nonché vulcano di idee, era attivo anche come autore di contributi sul cinema per numerosi media internazionali e aveva collaborato ad altre due opere del duo Straub-Huillet, Schwarze Sünde e Antigone. Con i due cineasti era nata poi un’intensa amicizia, infatti Church mi aveva confessato un giorno che Straub era per lui un maestro per quanto riguarda il cinema, la cultura cinematografica e la cultura tout court.

Oggi, vent’anni dopo quel 1997 in cui aveva assunto la direzione della Viennale, si può dire che come si presenta oggi – un festival non competitivo di notevole importanza sul piano mondiale – la si può considerare quasi come una creatura di Hans Hurch avendole lui dato un’impronta e un’anima quasi unica al mondo. Quindici giorni di proiezioni in sette sale, sempre esaurite, nonostante i titoli siano spesso sconosciuti al pubblico e arrivino dai quattro angoli del globo. È semplicemente buon cinema, in cui la narrazione poggia sul linguaggio delle immagini concepite per il grande schermo. Hurch era molto attento e aveva un vivido spirito critico, essendo la sua passione per la settima arte cresciuta col cinema d’autore francese degli anni sessanta, i vari Godard, Rohmer, Truffaut, Rivette, Chantal Akerman. Tutti nomi che sarebbero poi tornati spesso nei programmi delle singole edizioni della Viennale. Basta ricordare il trailer del 2008 realizzato da Godard, Une catastrophe: un vero capolavoro racchiuso in appena sessanta secondi.

Nel 2016 erano trecento i film, tra finzione, documentari e opere sperimentali, e 94mila gli spettatori: segno che la sua visione è riuscita a imprimersi negli occhi e nei cuori di chi li guarda, i film, selezionati da lui con la sua équipe. Sì, teneva a sottolineare il lavoro svolto in team, i suoi collaboratori erano per lui la sua famiglia. Si sentiva a suo agio nelle sale, alle cene, alle feste, sempre pronto a discutere dell’ultimo film di qualche autore, piccolo o grande che fosse. Lui, il cinema, lo vedeva come strumento politico, nel senso ampio della polis, la comunità, per comunicare idee e azioni.

«L’istruzione e la formazione sono le armi più potenti per cambiare il mondo», aveva detto Nelson Mandela. Oggi in entrambi i settori detta legge l’immagine, e lui lo sapeva. Assieme al suo team ha fatto nascere altri spazi a Vienna, gestiti dalla Viennale in nome della cultura dell’immagine: l’enorme sala del Gartenbaukino con 700 posti è stata così salvata dall’abbandono, lo storico Metrokino si è trasformato in un piccolo centro cinematografico nel cuore di Vienna, vicino a Piazza Santo Stefano, e d’estate migliaia di persone ammirano i film all’aria aperta nell’Augarten.