Quando un’artista muore a sessant’anni il rimpianto si fa intenso, perché per una pianista-compositrice-didatta come Geri Allen c’era ancora tanto da raccontare in musica. La jazzista è, invece, spirata martedì scorso in un ospedale di Philadelphia, minata da un male incurabile, l’avevamo vista appena lo scorso maggio in duo con Enrico Rava protagonista di un tour europeo. Ora, purtroppo, tace il pianoforte che l’ha accompagnata – per un periodo insieme alle tastiere – in un lungo e fruttuoso itinerario che la rende paragonabile a Mary Lou Willians. Come quest’ultima, Geri Allen si è affermata in un mondo caratterizzato da una marcata presenza maschile; di notevole importanza è la sua parabola artistica che, partita dai fermenti vivi della contemporaneità, l’ha vista definitivamente approdare all’insieme delle musiche afroamericane (Timeless Portraits and Dreams, Telarc 2006). L’ultimo album, non a caso, si intitola Celebrating Mary Lou Williams live at Birdland NY (Intakt, 2016).

Nata a Pontiac (Michigan) nel 1957, si è interessata inizialmente a soul e pop giungendo al jazz attraverso gli Head Hunters di Herbie Hancock. È Detroit il luogo della sua formazione, alla Cass Technical High School dove insegnava l’influente trombettista Marcus Belgrave. A questo «imprinting» la Allen è tornata nel 2013 con il cd Grand River Crossing: Motown & Motor City Inspirations (Motèma), in cui rielaborava brani di artisti Motown (da Smokey Robinson a Stevie Wonder) e di jazzisti d Detroit, terzo album di un trittico iniziato nel 2010 e con esecuzioni soprattutto in solo.

Laureatasu in etnomusicologia con Nathan Davis, la pianista arriva a New York ed è parte attiva del collettivo MBASE, guidato da Steve Coleman e con un’altra jazzista di vaglia: Cassandra Wilson. In Europa incide il suo primo album The Printmakers cui seguirà il solo Homegrown (Minor Music 1984-’85). Da lì la carriera della pianista che sapeva unire Monk a Cecil Taylor, il funky a jazz e gospel, Hendrix alla tap dance è tutta un susseguirsi di esperienze: il suo gruppo Open On All Sides, i trii con Charlie Haden e Paul Motian, le formazioni (dal trio al settetto), il matrimonio con il trombettista Wallace Roney, l’attività di compositrice, il duetto con Ornette Coleman (1996), i tour, i progetti discografici… Ora il piano purtroppo tace.