Il dolore civile, composto, familiare e allargato. Ben oltre l’orrore del Bataclan, condiviso fino alla tumulazione nell’isola di San Michele. La bara in piazza San Marco, dopo la suggestione del corteo con i quattro gondolieri in divisa di gala. E il saluto pubblico che eccede perfino protocolli al massimo livello, tricolori di due nazioni a mezz’asta, musica ufficiale.

Valeria Solesin era (e per di più rimane) una ragazza inconfondibile, resistente agli stereotipi. Il simbolo della meglio gioventù italiana all’estero ritorna nella «sua Venezia» anche come cifra irriducibile a retorica, propaganda e mistificazione.

Il funerale di Valeria toglie ogni alibi perfino alle passerelle istituzionali.

Mamma Luciana, papà Alberto, il fratello Dario e il fidanzato Andrea Ravagnani incarnano la misura della reazione alla cieca follia di Isis.

C’è Gino Strada, due passi indietro a rappresentare Emergency, perché la prima vittima italiana dell’Isis era una volontaria per la Ong che cura le vittime civili.

Ci sono le parole dell’imam locale Hamad Al Mohamad: «Chiediamo ad Allah che abbia Valeria e tutte le vittime nella sua gloria, e di aiutare la sua famiglia e di proteggere l’Europa, l’Italia e questa città dal male e di pacificare le nostre anime».

Non c’è dio che consoli la famiglia di Valeria, tuttavia simbolicamente è lo stesso in piazza San Marco. Con l’intervento del patriarca Francesco Moraglia che, umilmente, prega insieme alle comunità islamiche e ai rappresentanti della religione ebraica.

Ma soprattutto in questi giorni di lutto c’è stato l’abbraccio di migliaia di veneziani e non veneziani, con le candele accese e poi alla camera ardente, come durante la cerimonia di ieri mattina illuminata dal sole a beneficio delle lacrime di un’intensa e non trattenuta commozione collettiva.

Valeria – spirata fra le braccia del suo amore – era (e per di più rimane) la giovane ricercatrice di libertà, sempre e comunque: dal furore assassino senza pietà come dal potere che detta legge.

Il silenzio disperato del fratello o la terribile memoria del fidanzato non scalfiscono il profilo di una 28enne votata allo studio dell’indipendenza, alla voglia di esserci anche per chi non conosceva.

I suoi genitori hanno dato davvero una lezione, testimoniando dignitosi il legittimo orgoglio di un’Italia ben diversa rispetto ai media e ai palazzi del potere.

Per Valeria c’erano il presidente della Repubblica, la moglie del premier Matteo Renzi, la ministra della difesa Pinotti, il presidente della Regione Veneto, il sindaco. Ma nel cuore della gente in piazza San Marco ha fatto breccia il commiato di papà: «Ringrazio i rappresentanti delle religioni, cristiana, ebraica, simbolo del cammino degli uomini nel momento in cui il fanatismo vorrebbe nobilitare il massacro con il richiamo ai valori di una religione».

E ancora: «Se è lontanamente vero quello che è stato detto in questi giorni, che la nostra compostezza è stata un esempio per il Paese, ciò era un atto dovuto. Se è stato vero anche solo in minima parte, voglio dedicarlo a tutti i Valeria e Andrea che non si arrendono».

Quindi il ringraziamento umano all’ambasciatore di Parigi e all’unità di crisi della Farnesina. E al Quirinale «che ha voluto con la sua presenza dare un segno di unità nazionale» con le altre istituzioni.

Ma Valeria era (e per di più rimane) il suo ritratto di italiana all’estero: «In Francia ha iniziato a definire il suo progetto di vita spinta dalla curiosità del mondo. Ripensando a mia figlia non voglio isolare la sua immagine dal contesto nel quale viveva a Parigi, l’istituto di demografia, l’università, il bistrot dove amavano incontrarsi tanti ragazzi e ragazze come Valeria, gioiosi, operosamente rivolti verso un futuro che tutti come lei vogliono migliore».

Così il luogo dell’acqua granda di mezzo secolo fa, dei due patriarchi destinati a San Pietro, del concerto dei Pink Floyd che ha scongiurato l’Expo e del «comando serenissimo» che scalava il campanile, insomma piazza San Marco è ritornata con Valeria lo spazio aperto in cui la città più bella del mondo registra anche il messaggio del presidente Francoise Hollande: «Era venuta da noi per amore della vita e della cultura e ha trovato la morte sotto il fuoco dei terroristi».

Il feretro può uscire di scena, tuttavia la Venezia di Valeria sarà – per sempre – il miglior antidoto alla «guerra» in nome altrui.

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