Nei giorni scorsi ci ha lasciati Alberto Gajano, per anni professore di filosofia nelle università di Roma e Siena (in quest’ultima dal 1983), amico da sempre di noi del manifesto.

L’ho conosciuto nel 1973, quando insegnava Sociologia della conoscenza. Eravamo in piena onda post 1968. Noi del collettivo del Manifesto ci caratterizzavamo per la proposta di “seminari interdisciplinari” che dovevano integrare gli esami previsti dal piano di studi: un modo efficace di porre il problema dei contenuti del sapere e non solo della contestazione generica dell’istituzione universitaria. Gajano fu tra i più attivi nel sostenere le nostre proposte.

Dopo quel periodo, io e Alberto scoprimmo di abitare nella stessa strada a Testaccio. Spesso le nostre giornate iniziavano con lo sbirciare e commentare le prime pagine che venivano esposte dal giornalaio nella piazza principale (una volta si faceva così). Di recente abbiamo coinvolto in queste serate anche sua moglie Sofia.

La passione di Gajano era lo studio della filosofia, antica (Socrate, Platone, Tommaso d’Aquino) e moderna (Kant, Hegel, Marx, Habermas). È stato autore di numerosi volumi e saggi. Era un lettore onnivoro.

Politicamente, non ha mai tradito il Pci fino a quando è esistito. Leggeva il manifesto, ma la sua lettura preferita era restata per decenni il settimanale Rinascita. Gajano, che frequentava da bravo militante la sezione del Pci di Testaccio, ha molto sofferto per lo scioglimento di quel partito. Lui si considerava un classico “intellettuale organico” di gramsciana memoria. Lascia più soli quanti hanno imparato – iniziando dagli ex studenti e dai colleghi di varie generazioni – a volergli bene e a stimarlo.