Regista di documentari per cinema e tv, Pietro Balla se n’è andato all’improvviso giovedì scorso a 64 anni nella sua casa di Poirino, a pochi chilometri da Torino e da Pessione, dove aveva lavorato una vita come capostazione. Perché Balla teneva i piedi per terra e per questo l’ambiente del cinema lo guardava con rispetto e curiosità. I suoi film raccontavano con profonda sensibilità umana e sociale i travagli quotidiani, la creatività come risorsa per far fronte alla realtà, il rapporto con il lavoro in tutte le sue forme, dalle fabbriche di L’odore della gomma (2005) e Radio Singer (2009) ai set porno di Camerini ardenti (1996), realizzato con la compagna e regista Monica Repetto. Lavoro e sesso, due temi presenti anche ne Il corpo dell’amore (2019), serie Rai in quattro puntate su disabili e affettività co-firmata dai due.

TRA I TITOLI più noti di Balla e Repetto, senza dubbio Operai (2008) e ThyssenKrupp Blues (2008). Quest’ultimo era nato per capire che ne era della classe operaia a Torino in piena deindustrializzazione ma, con un tempismo crudele, durante la lavorazione si era trovato a fare i conti con quel maledetto rogo in cui morirono sette lavoratori. Un viaggio difficile dal limbo all’inferno che aveva come guida Carlo Marrapodi, allora operaio alla ThyssenKrupp che così ricorda oggi il regista: «Pietro faceva cinema per dare voce a chi non ne ha. Per me è stato un padre, un fratello, è stato leale. Ci capivamo perché andava tutti i giorni a lavorare come me. Abbiamo viaggiato tanto con il film, da Scordia a Bolzano siamo stati in scuole, centri sociali, fabbriche. E ovunque si alzava la mattina per farsi la sua corsetta, per questo lo chiamavo curset. Pietro mi ha sempre protetto, Monica e i due figli mi hanno accolto a casa loro come uno di famiglia. Mi addolora pensare che era appena andato in pensione e avrebbe potuto ancora dare tanto al suo ‘lavoro dell’anima’».

BALLA SI ERA LAUREATO in scienze politiche a Torino nel 1985 con una tesi sull’economista Ezio Tarantelli ma la sua passione era il cinema e da ragazzo frequentava lo storico Movie Club insieme all’amico Carlo Scarrone, con cui realizzò i primi esperimenti in video, e a Steve Della Casa sempre prodigo di aneddoti: «Una volta andammo a Milano per intervistare Gerard Damiano, regista hardcore, di passaggio in Italia. Al ritorno si ruppe la macchina e tornare a Torino fu piuttosto avventuroso. Poi abbiamo continuato a incontrarci in vari festival. Un anno riuscì a venire a Cannes trovando una stanza economica ma fuori mano e si portò la bicicletta. Peccato che gliela rubarono il primo giorno». Un po’ come accadeva in Ladro di bicicletta (1991) uno dei primi corti fatti con Scarrone, un condensato di cinefilia da De Sica a John Huston.
Francesco Di Pace di Rai3, che lo frequentava dall’inizio degli anni 80 affida a facebook un omaggio personale: «lui era ‘solo un ferroviere’ come spesso diceva scherzando, facendo finta di nascondere il suo talento e la sua sensibilità che invece l’avrebbero portato a esprimersi in maniera sempre originale e personale in un bel numero di film, corti, documentari, video, progetti produttivi vissuti sempre con passione ostinata e invidiabile». Raggiunto al telefono, sottolinea la generosità dell’amico: «Avevamo una passione comune per la figura di Fred Buscaglione e lui, che sul cantante aveva fatto molte ricerche lavorando ai film 3 febbraio 1960 e Torino Vanchiglia: storie di ieri, mi presentò la vedova, musicisti e collaboratori e mi lasciò tutti i materiali che aveva raccolto. È grazie a quei documenti che nel 1990 ho pubblicato un libro su Buscaglione».

BALLA ERA UNA PRESENZA regolare al Torino Film Festival sin da quando si chiamava CinemaGiovani e Davide Oberto, che oggi cura la sezione doc del TFF lo ricorda come un «alieno che di tanto in tanto atterrava da Poirino con un’opera indecifrabile spesso girata insieme alla sua compagna aliena Monica Repetto. Io li conosco nel 2001. È il mio secondo anno come membro della segreteria e seguo le sezioni italiane. Pietro e Monica ci portano Dérive Gallizio e mi è chiaro che questi sono due Ufo: come ti viene in mente di fare un film su Pinot Gallizio? Per me, langhetto, anarchico e situazionista Gallizio è un mito assoluto e ovviamente sono entusiasta di scoprire di non essere solo. E poi Radio Singer documentario capace di raccontare come nessuno aveva mai avuto il coraggio di fare un periodo cruciale di Torino, il 1977 dalla chiusura della Singer di Leinì al rogo dell’Angelo Azzurro, riflettendo sulla sconfitta politica di una generazione che ha aperto le porte al capitalismo più selvaggio e a Berlusconi. L’ultima partecipazione al TFF fu con Nitro #1. Discutemmo molto su questo film il cui protagonista era uno dei sopravvissuti al rogo Thyssen e lui con fermezza e ironia smontò ogni mia perplessità e mettemmo il film in concorso in italiana.corti. In fondo era il corto più giovane e audace di quell’anno».