Addio a Monsignor Bettazzi
Si è spento a 99 anni monsignor Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea. Nato il 23 novembre del 1923 a Treviso, Luigi Bettazzi in gioventù si era trasferito a Bologna, città di provenienza della madre, dove è stato ordinato sacerdote nel 1946. Ha partecipato a tre sessioni del Concilio Vaticano II al termine del quale è stato ordinato vescovo di Ivrea, diocesi che ha amministrato fino al 1999.
Nel 1968 è stato nominato presidente nazionale di Pax Christi (qui il messaggio di saluto di Pax Christi), movimento cattolico internazionale per la pace e nel 1978 ne è diventato presidente internazionale, fino al 1985 vincendo per i suoi meriti il Premio Internazionale dell’Unesco per l’Educazione alla Pace. Autore di numerosi libri era l’ultimo vescovo italiano ancora vivente presente al Concilio Vaticano II.
La pace, quella di cui Bettazzi si fece profeta e portavoce – ricorda il sito Vatican News – con continui appelli, con l’invito fermo all’obiezione fiscale alle spese militari, con l’adesione ai movimenti pacifisti, con la marcia a Sarajevo nel 1992, nel pieno della guerra civile in Bosnia ed Erzegovina, fianco a fianco con un don Tonino Bello messo duramente alla prova dalla malattia.
Di non violenza Bettazzi ha parlato anche in una manifestazione di maggio 2022 contro la guerra in Ucraina, la Staffetta dell’Umanità, alla quale ha voluto presenziare, come una delle tre strade che esortava anche in quella occasione a percorrere per la pace nell’Ucraina martoriata: creare una mentalità nonviolenta, mettere in atto gli strumenti della diplomazia, sviluppare forze di interposizione. “Da sempre io sono per la non violenza”, diceva ai presenti alla manifestazione. “Ma come? Significa che bisogna accettare la violenza degli oppressori? No! Tre cose: noi abbiamo tutti la mentalità violenta, alle armi si risponde con le armi. Invece bisogna creare una mentalità non violenta”.
Poi, aggiungeva il presule, bisogna “impegnarsi davvero nella diplomazia”: “Pensate che l’Europa ha fatto il primo atto diplomatico per l’Ucraina dopo 60 giorni di guerra”. La terza cosa è l’“interposizione”, cioè “dei volontari che vadano in mezzo”, diceva Bettazzi, ricordando che “anche noi nel nostro piccolo, quando andammo a Sarajevo, eravamo là e non hanno sparato”.
Era aperto al dialogo con tutti. Si diceva fiero della sua missione di dialogo. Nel luglio 1976 scrisse una lettera aperta – molto criticata – ad Enrico Berlinguer, allora segretario del Partito Comunista italiano, in cui affermava che era “legittimo e doveroso, per un vescovo, aprirsi al dialogo, interessandosi in qualche modo perché si realizzi la giustizia e cresca una più autentica solidarietà tra gli uomini”.