Intorno alle sei di ieri mattina un triste tweet di Gerry Adams annunciava la morte del suo principale compagno di lotte e braccio destro nel movimento repubblicano, Martin McGuinness. Gli augurava in gaelico di riposare assieme agli eroi irlandesi, accompagnato dalla ballata Song for Ireland, di cui alcuni versi recitano: «Sognando di notte, ho visto una terra in cui nessuno doveva combattere».

MCGUINNESS È STATO, negli anni del conflitto, una figura chiave della Provisional Ira. Durante il Bloody Sunday del 30 gennaio 1972, in cui parà inglesi spararono su una folla pacifica in piazza per i diritti civili causando 14 vittime, era il vice-comandante dell’Ira a Derry. In seguito ha dato il suo contributo principalmente all’interno di Sinn Féin, impegnandosi, soprattutto da metà anni ’80, sulla difficile strada della pacificazione. Cruciale il suo ruolo nel convincere l’Ira ad abbandonare definitivamente la lotta armata nel 2005.

L’apice del suo perscorso politico è stato l’aver occupato per quasi dieci anni la carica di co-primo ministro del governo misto nordirlandese, lavorando persino a fianco di uno dei suoi nemici storici e tra i rappresentanti più accalorati dell’unionismo, Ian Paisley, con il quale finì per stringere una solida amicizia. Risale poi a quasi cinque anni fa anche una stretta di mano con la regina Elisabetta durante un evento di beneficenza a Belfast: un gesto di avvicinamento che non pochi commentatori hanno visto con scetticismo e ironia, e che qualcuno nel fronte avverso ha tacciato indebitamente di opportunismo.

I rancori verso l’ex comandante sono ancora vivissimi, se è vero che nel commentare la notizia un ex ministro conservatore, Lord Nesbitt, ha avuto l’ardire di dire che McGuinness era un «codardo», un «pluri-assassino» che aveva scelto strategie pacifiche solo dopo aver capito che l’Ira era stata sconfitta con le infiltrazioni dell’intelligence britannica.

MCGUINNESS SAPEVA BENE, e lo ha dichiarato spesso, che l’Esercito repubblicano irlandese non era affatto stato battuto; ma era anche ben consapevole di come non fosse possibile avere la meglio sugli inglesi, e che l’unica strada per raggiungere gli obiettivi dei repubblicani era la politica.

Nel commentare la morte del compagno, Adams ha dichiarato: «McGuinness non ha mai scelto di andare a combattere: si è ritrovato la guerra in casa». Le principali motivazioni della resistenza irlandese avevano infatti in principio a che fare con la negazione di diritti civili fondamentali, e Adams è stato chiaro a riguardo: «Noi reclamavamo diritti civili, riforme basilari, e abbiamo ottenuto una risposta militaristica. I repubblicani sono stati censurati, internati, imprigionati».

La maggior parte delle reazioni alla morte di McGuinness sono state comunque di omaggio proprio alla sua capacità di gettarsi alle spalle un passato di violenza per intraprendere un percorso di dialogo. Il presidente d’Irlanda Michael D. Higgins ha parlato del suo «immenso contributo alla promozione della pace in Irlanda del Nord», mentre Bill Clinton lo descive come «un uomo che si è rifiutato di vivere nel passato».

ANCHE LA CONTROPARTE unionista, l’ex premier nordirlandese, Arlene Foster, che con McGuinness ha condiviso la carica più alta del governo fino al gennaio scorso, ha avuto parole di riconoscimento per lui: «Ha giocato un ruolo cruciale nel condurre il movimento repubblicano verso strategie pacifiche e democratiche».

Nel frattempo, è proprio la figura della Foster a occupare il dibattito attorno all’esito delle recenti elezioni che hanno visto un incredibile exploit di Sinn Féin. Il partito di Adams si rifiuta infatti di far parte di un governo da lei presieduto, in quanto il suo ruolo all’interno dello scandalo sulle fonti rinnovabili non è stato affatto chiarito. Sinn Féin si oppone poi al ritorno dello status quo, e ha avanzato la richiesta di bloccare ogni tentativo di concedere l’immunità ai soldati britannici colpevoli di delitti negli anni dei troubles, immunità richiesta dai conservatori britannici e caldeggiata proprio dagli unionisti.

LA MORTE DI MCGUINNESS fa calare un velo di silenzio su queste diatribe che hanno infiammato il dibattito politico fino all’altro ieri, ma è prevedibile che la situazione torni a scaldarsi presto. Al varco attende infatti la data fatidica del 27 marzo, in cui se non si sarà raggiunto un accordo tra i partiti, il rischio sarà di nuove elezioni o del ritorno all’amministrazione diretta di Londra.

Non basterà allora a placare le acque il ricordo del sorriso provato di Martin McGuinness nella sua ultima apparizione video a inizio gennaio, un sorriso debolmente sfoggiato quasi a ricordare le parole di Bobby Sands: «La nostra vendetta saranno le risate dei nostri bambini»