Sceneggiatore, scrittore e militante storico nella lotta contro l’Aids, Larry Kramer è morto ieri mattina all’età di 84 anni. Era entrato presto a Hollywood svolgendo mansioni di segreteria alla Columbia Pictures. Aveva iniziato con la revisione di copioni e dialoghi imparando bene il mestiere tanto da ricevere una nomination all’Oscar nel 1969 per il suo adattamento di Donne in amore di D.H. Lawrence diretto da Ken Russell, con la famosa scena di lotta senza vestiti in cui Alan Bates e Oliver Reed ben aderivano allo spirito di rivoluzione sessuale del tempo e allo sguardo di Kramer che mai nascose il suo orientamento.

DA SEMPRE Interessato a comprendere e a raccontare l’esperienza dell’omosessualità in America, Kramer si allontanò progressivamente da Hollywood per dedicarsi al teatro e alla scrittura. Penna incisiva e senza inibizioni, attaccò lo stile di vita edonista della scena gay newyorkese degli anni Settanta nel suo romanzo dal significativo titolo di Faggots (1978), un po’ invettiva e un po’ vendetta, che gli valse l’ostracismo di alcune librerie della comunità.
Di lì a poco fu l’Aids a cambiare tutto, sia nel mondo gay sia nella vita di Kramer. Nell’agosto del 1981 tenne nel suo appartamento del Village le prime riunioni di quello che man mano sarebbe diventato il Gay Men’s Health Crisis, pionieristica organizzazione mondiale di assistenza e mutuo aiuto per reagire all’epidemia. Forti conflitti interni riguardo alle pratiche di azione portarono però alla sua espulsione nel 1983 e nel 1987 fu tra coloro che diedero inizio alla Aids Coalition to Unleash Power, ovvero Act Up, dirompente per le sue azioni dirette di protesta contro il deliberato lassismo governativo che lasciava morire migliaia di persone nel silenzio.
Convinto che la rabbia fosse uno strumento efficace non esitava a esprimersi con toni veementi, come quando nell’88 indirizzò una lettera aperta ad Anthony Fauci, allora capo del National Institute of Allergies and Infectious Diseases, definendolo «idiota incompetente» salvo poi riappacificarcisi.

FU DOPO l’espulsione dal GMHC che scrisse il dramma The Normal Heart incentrato proprio su quei primi anni ’80 in cui dilagava l’epidemia. Il protagonista, Ned Weeks si prende cura segretamente del suo amante Felix Turner mentre pian piano lo consuma un male ancora senza nome. Nel 2011 la pièce tornò sui palchi di Broadway aggiudicandosi tre premi Tony, compreso quello a Ellen Barkin per la parte di una dottoressa poliomielitica in sedia a rotelle. Sono poi stati Mark Ruffalo e Julia Roberts a interpretare tre anni dopo la versione televisiva prodotta da Hbo e vincitrice di Emmy e Golden Globe con la regia di Ryan Murphy . Presentando questo suo lavoro, Murphy dichiarò a gran voce l’urgenza di «trovare un giovane Larry Kramer per creare una nuova generazione di attivisti» per i diritti degli omosessuali, una necessità che nell’America di Trump non è affatto venuta meno.
Ultimamente Kramer era impegnato nella stesura di un nuovo testo teatrale, Un esercito di amanti non deve morire dedicata «a tutti quegli omosessuali costretti ad attraversare tre diverse epidemie: quella dell’Hiv/Aids, quella del Covid19 e quella della vecchiaia».