Una caduta prima di Natale aveva tenuto Gerardo Marotta in una clinica napoletana, mercoledì sera una crisi polmonare lo ha portato via. Muore il più tenace studioso della cultura partenopea, l’erede di una tradizione che Marotta rifiutava testardamente di far scomparire. Fondatore dell’Istituto italiano di studi filosofici, aveva allestito nel tempo una biblioteca personale di oltre 300mila volumi: messa a disposizione di ricercatori e studenti: i tagli ai finanziamenti ne hanno provocato la dispersione e persino la messa all’asta. Ieri un coro di politici, dal presidente della Repubblica in giù, i filosofi Massimo Cacciari e Giacomo Marramao ne hanno tessuto le lodi e chiesto impegni per conservarne il patrimonio librario. La verità l’ha detta l’assessore comunale alla cultura, Nino Daniele: «Dobbiamo chiedergli perdono perché è stato lasciato solo. Nessuno ha davvero voluto salvare il suo Istituto».

MAROTTA DI MESTIERE faceva l’avvocato. Nel dopoguerra aveva cominciato a fare attività culturale con Guido Piegari, fondatore del Gruppo Gramsci, epurato dal Pci negli anni Cinquanta. «Nel 1975 il presidente dell’Accademia dei Lincei, Enrico Cerulli, e la figlia di Benedetto Croce, Elena, vennero da me e mi dissero che avrei dovuto riprendere la guida della gioventù del Mezzogiorno – raccontava Marotta -. “Non hai letto La fine della civiltà di Croce?” mi dissero. Adolfo Omodeo nel ’43, durante il suo discorso di insediamento come rettore dell’università Federico II, aveva esortato i giovani a tornare agli studi severi e a sbarrare la strada alla vecchia classe dirigente che voleva riprendere il potere. Accettai e fondammo l’Istituto». La sede Palazzo Serra di Cassano, il cui portone venne sbarrato nel 1799 dopo l’esecuzione del figlio del principe, tra i martiri della Repubblica partenopea del ’99. «Ferdinando IV di Borbone – spiegava Marotta – fece giustiziare gli intellettuali, lo stesso fecero i Savoia. È un meccanismo che si ripete, per combattere il genocidio culturale servono le accademie».

GIULIO TREMONTI nel 2009 cancellò il finanziamento all’Istituto. Così Marotta fu costretto a vendere i beni di famiglia. I volumi (alcuni rarissimi) sono attualmente in depositi tra Casoria, Arzano, l’ex manicomio Leonardo Bianchi, una sede comunale a Ponticelli, l’istituto Colosimo. Lo scorso maggio il Mibact ha sbloccato i fondi stanziati nel 2014, finiti direttamente nelle tasche dell’Agenzia delle entrate e Inps. Per il 2017-2020 ci sarà ancora un milione all’anno ma non sono sufficienti: fino al 2009 il Miur assicurava 3milioni e mezzo all’anno per sostenere i corsi in tutto il Mezzogiorno e le borse di studio. Contro la cancellazione del finanziamento Miur, deciso dal governo Berlusconi, l’Istituto ha fatto ricorso e vinto in tutti i gradi di giudizio. Il risarcimento consentirà di azzerare i debiti e riprendere le attività.

L’avvocato (come veniva chiamato) si batteva per la riscoperta di pensatori come Filangieri, Pagano, Genovesi. Salvare la biblioteca è stata la sua ultima battaglia. Sistemata in origine a casa Marotta, in viale Calascione, negli anni 2000 si sarebbe dovuta trasferire nell’ex caserma Bixio a Monte di Dio: il sindaco Luigi de Magistris ha ricordato che c’è un progetto con il governo per trasformare la zona in una Cittadella della filosofia, per ora però è tutto fermo.

LA REGIONE nel 2008 aveva acquistato un appartamento in piazza Santa Maria degli Angeli da destinare alla biblioteca, ma i lavori non sono mai partiti. Lutto cittadino domani, giorno dei funerali, che si terranno in forma laica alle 12 a Palazzo Serra di Cassano.