«Albertosi, Albertosi/ Burgnich e Facchetti/ Con Bertini, Rosato e Cera/ C’era un gol!». L’ultimo maestro della canzone napoletana classica ha abbandonato la scena terrena. Se n’è andato Fausto Cigliano, 85 anni da poco, cantante e chitarrista di sobria eleganza, voce vellutata e arpeggi melodiosi, autore di colonne sonore per Antonioni e telefilm giapponesi e di successi di sapore calcistico (Ossessione 70, Krol e Dieghitotango) ma principalmente ‘o bravo guaglione che t’incantava mettendo le mani sulla seicorde e accennando Scalinatella o Anema e core, Indifferentemente e Te voglio bene assaje, portando il meglio della canzone partenopea in giro per il mondo (il sindaco De Magistris lo premierà nel 2015, per i sessant’anni di carriera come «segno di profonda stima e ammirazione per il suo ruolo di ambasciatore della musica napoletana nel mondo»). La sua vita era cambiata improvvisamente dopo la morte del padre, nel ‘52, quando fu d´obbligo inventarsi un mestiere. Così, a quindici anni, divenne subito grande: la mattina studente di ragioneria e la sera, con la chitarra sotto braccio che gli aveva regalato un compagno di scuola, al laghetto della Mostra d´oltremare, dove ebbe un contratto estivo, in un night all’aperto.

«CANTAVO e strimpellavo canzoni napoletane». Il grande salto a diciannove anni, nel 1956, come riassuntore al Festival di Napoli, quello che ripeteva e sintetizzava i motivi in gara, per poi vincerlo nel 1959, con Sarrà chi sa. Meno fortunate le partecipazioni a Sanremo, dove presentò persino E se domani, nel 1964, senza lasciare traccia. Bello, gentile, umile, si divise tra alcuni Carosello in tv (quello più noto per la Nestlè con Joe Sentieri) e alcuni musicarelli e film minori, tuttavia fu l’incontro con Mario Ganci, solista prestigioso, figlio d’arte, diplomato a Santa Cecilia in chitarra classica, a far decollare la sua bravura, con lo studio e con l’esempio. Un sodalizio trentennale gli darà lustro internazionale (con una lunga serie di concerti in Europa ma la moglie Alma, indossatrice francese, la conoscerà sulla spiaggia di Fregene, nel 63, e vivranno tutta la vita a Ponte Milvio, sognando Napoli e Paris) e fama dappertutto. Insieme incisero nove album di canti tradizionali partenopei, Napoli Concerto (1970), un sublime lavoro di ricerca e di recupero, ripescando brani antichi e rielaborando le melodie classiche, con la doppia chitarra e una sola voce.

IN PROPRIO Cigliano proporrà Ventata Nova (1986), un’originale silloge di suoi brani più o meno noti a dimostrazione di una vena d’autore, coltivata nel tempo e sostenuta dalle esibizioni in concerto, interpretazioni che regalavano buonumore a un pubblico intergenerazionale. Nel 2002 incise …e adesso slow!, in cui adattava a modo suo, traducendoli in napoletano, alcuni classici americani degli anni ’40 e ’50 resi famosi, all’epoca, da Nat King Cole e accompagnato da arrangiamenti per grande orchestra scritti da Rino Alfieri. Nel 2010 partecipò a Passione, il film di John Turturro, eseguendo Catarì, evergreen scritto da Salvatore Di Giacomo, da solo con la chitarra, con intonazione dolce e stile coinvolgente, davanti alle Sette opere di misericordia di Caravaggio, una sintesi felicissima audiovisuale della Napoli che fu e che è.