Ci sono due frasi che, forse più di altre, spiegano dieci anni di scontro tra politica e magistratura, con la procura di Milano in prima linea. Una è del 20 dicembre 1993, due anni dopo l’inizio di Tangentopoli e appena un mese prima della «discesa in campo» di Silvio Berlusconi che lo portò al governo del Paese. «Chi sa di avere scheletri nell’armadio, vergogne del passato, apra l’armadio e si tiri da parte. Tiratevi da parte prima che arriviamo noi». La seconda è del gennaio 2002 ed è l’ammissione dolorosa che la spinta del cambiamento avviato dieci anni prima si stava esaurendo: «Bisogna resistere, resistere, resistere come sulla linea del Piave». Non più il monito di chi si sente il protagonista di un rinnovamento, ma il grido di chi sa di essere accerchiato e di dover difendere il lavoro e l’indipendenza della magistratura.

A PRONUNCIARE ENTRAMBE le frasi è stato Francesco Saverio Borrelli, morto ieri all’Istituto tumori di Milano dove era ricoverato da alcuni giorni. Aveva 89 anni e il suo nome è legato indissolubilmente al pool Mani pulite della procura milanese (ne fecero parte Gherardo Colombo, Antonio Di Pietro, Gerardo D’Ambrosio e Piercamillo Davigo) che ha guidato e che ha avuto il merito di scoperchiare la corruzione esistente nel rapporto tra mondo politico e imprenditoriale. Borrelli lascia la moglie Maria Laura e due figli, Andrea e Federica, il primo giudice civile a Milano.

Quello che in seguito venne definito dai suoi detrattori come il capo delle «Toghe rosse» era nato a Napoli il 12 aprile 1930 ed entrò in magistratura nel 1955 dopo essersi laureato in legge con una tesi su «Sentimento e sentenza». Suo relatore fu Pietro Calamandrei. Borrelli era un uomo dai molteplici interessi. La musica, che aveva studiato al conservatorio di Firenze, e la montagna sono solo due delle sue tante passioni, come confessò una volta in un’intervista in cui ammetteva anche i propri limiti: «Sono un mediocre pianista, un pessimo cavaliere, un pessimo alpinista, un dilettante di professione, ma mi piacciono tante cose che non faccio in tempo ad essere un professionista».

SU UNA COSA non ci sono dubbi, ebbe modo di dimostrare tutta la sua professionalità ed è il lavoro di magistrato. Prima di diventare capo della procura di Milano, e di dare avvio all’inchiesta su Tangentopoli, ha ricoperto le funzioni di pretore, giudice fallimentare e poi civile e pubblico ministero. Negli anni ’60 è stato tra i fondatori di Magistratura democratica. Il suo primo processo importante fu quello per l’omicidio del commissario Luigi Calabresi ma come presidente di sezioni del tribunale e di Corte d’Assise ha svolto anche alcuni processi alle Brigate rosse.

In Italia le cose cominciarono a cambiare il 17 febbraio del 1992 con l’arresto del presidente del Pio Albergo Trivulzio Mario Chiesa, avvenuto mentre riceveva una tangente di sette milioni di lire dal titolare di una società di pulizie. L’arresto di Chiesa, esponente di spicco del Psi milanese, segnò l’avvio di Mani pulite, ma sono le sue dichiarazioni ai magistrati del pool che permisero di svelare come le mazzette fossero diventate ormai una sorta di tassa fissa da pagare ai partiti in cambio di appalti. Una rivelazione che segnò la politica italiana, dal segretario del Psi Bettino Craxi alla caduta della Prima Repubblica. Un mese dopo la vittoria di Forza Italia alle elezioni del 1994 venne arrestato Paolo Berlusconi, a cui fece seguito un ordine di custodia cautelare per Marcello Dell’Utri. Fino al novembre di quell’anno, quando dalla procura di Milano venne spedito un invito a comparire a Silvio Berlusconi, all’epoca presidente del consiglio, mentre presiede a Napoli una conferenza internazionale sulla criminalità organizzata.

NON FURONO POCHI coloro che cercarono di attribuire all’inchiesta una presunta «regia politica» della quale la procura di Milano ne era l’artefice. Nel luglio del 1993 l’allora ministro della Giustizia Biondi emanò un decreto – letto come un tentativo di «fermare» i magistrati -che prevedeva gli arresti domiciliari per i crimini di corruzione. Si trattava di un modo per mettere fine alla carcerazione preventiva, della quale la procura era accusata, non sempre a torto, di fare un uso eccessivo per spingere un accusato alla confessione. I magistrati del pool si presentarono davanti alle telecamere dicendosi polemicamente pronti a obbedire ma chiedendo anche di essere trasferiti. Il decreto venne ritirato.

QUELLA DI MANI PULITE non fu una stagione priva di drammi – come testimonia una lunga catena di suicidi – e forse l’inchiesta destinata a cambiare l’Italia la cambiò meno del previsto come ammise lo stesso Borrelli nel 2011 quando, in un’intervista, chiese «scusa per il disastro seguito a Mani pulite. Non valeva la pena – disse – buttare all’aria il mondo precedente per cascare poi in quello attuale». Di certo Borrelli è stato un magistrato rigoroso, un capo che ha saputo difendere i suoi pm e una persona che, come ha ricordato ieri l’attuale capo della procura di Milano Francesco Greco, «ha fatto la storia d’Italia».

 

Gelo di Berlusconi e Salvini
Di Maio: «Un esempio per tutti»

Foto Paolo Giandotti/Ufficio Stampa Quirinale/LaPresse05-07-2019 Roma – ItaliaPoliticaIl Presidente della Repubblica Sergio Mattarella all’inaugurazione dell’iniziativa “Quirinale contemporaneo”.DISTRIBUITON FREE OF CHARGE – NOT FOR SALE

«Un magistrato di altissimo valore, impegnato per l’affermazione della supremazia e del rispetto della legge, che ha servito con fedeltà la Repubblica». E’ il messaggio di cordoglio inviato dal presidente della repubblica Sergio Mattarella per la morte di Francesco Saverio Borrelli. Un «magistrato integerrimo e un uomo delle istituzioni che ha scritto una parte importante della storia del nostro Paese», si associa il presidente della camera Roberto Fico. Mentre la presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati , si limita a ricordare che Borrelli ha ricoperto «incarichi di grande prestigio ed estrema delicatezza».

Toni differenti che corrispondono alle diverse appartenenze politiche. Il leader M5S Luigi Di Maio scrive infatti su twitter: «E’ venuto a mancare oggi il magistrato Francesco Saverio Borrelli, capo del pool di Mani Pulite. Il suo esempio, i suoi valori di indipendenza e legalità, siano guida per il lavoro di ognuno di noi e giungano a ogni cittadino. Tutto il M5S esprime cordoglio per questa scomparsa». Nessun commento invece da parte del leader di Forza Italia Silvio Berlusconi. Così come tace il leader della Lega e ministro dell’Interno Matteo Salvini. Il segretario del Pd Nicola Zingaretti «con Francesco Saverio #Borrelli scompare un grande magistrato e un uomo perbene. Lascia in eredità il suo esempio e il suo impegno sempre dalla parte della legalità».

 

Greco: «Il suo esempio ispira ogni giorno ancora oggi il nostro lavoro»

La procura di Milano ricorda Francesco Saverio Borrelli con un comunicato del suo attuale capo e ex magistrato del pool Mani pulite, Francesco Greco: «Con la sua guida autorevole ha fondato lo spirito moderno dell’ufficio nell’intransigente rispetto dei valori di indipendenza e legalità. Il suo esempio ispira quotidianamente il nostro lavoro. Nei nostri cuori vive con orgoglio la sapienza di un uomo speciale». I magistrati milanesi saluteranno Borrelli lunedì alla camera ardente che resterà aperta dalle 9.30 alle 12 «nel Palazzo di Giustizia dove ha lavorato tutta la vita». In quello stesso palazzo di sabato semideserto ieri è arrivata la notizia che ha colpito tutti i presenti, compreso Greco, in lacrime. Borrelli partecipò all’insediamento di Greco alla guida della procura di Milano nel giugno del 2016 e lo abbracciò a lungo.

Gherardo Colombo, arrivato nel pomeriggio all’hospice dell’Istituto dei tumori di via Venezian, ha ricordato: «Abbiamo lavorato tanto assieme, incarnava perfettamente l’idea del magistrato che svolge il suo lavoro nell’interesse di tutti, era una persona eccezionale». E l’ex procuratore aggiunto a Milano Armando Spataro vuole ricordare che il celebre «resistere, resistere, resistere» era rivolto «a tutti gli italiani, contro il degrado in cui rischiava di finire il Paese, non solo ai magistrati». E «io lo ricordo come un capo a cui non piaceva essere chiamato così».

 

Bobo Craxi: «Rispetto, ma fu punta
di diamante di un colpo di Stato»

Mani Pulite divide ancora e tra i tanti che ricordano Borrelli elogiando il suo lavoro, arrivano anche giudizi senza appello su quella stagione, in particolare dalla famiglia di Bettino Craxi. Per il figlio dello scomparso leader del Psi, Bobo, negli ultimi anni Borelli «seppe fare un’analisi compiuta», riflettendo «sul disastro». Il riferimento è a quando nel 2011 disse: «Non valeva la pena buttare all’aria il mondo precedente per cascare in quello attuale». Più che «revisionismo», come lo chiama Bobo Craxi, una critica della situazione di allora. Ma per Craxi Borelli «è stato espressione di una funzione di scardinamento delle forze che governavano all’epoca. Fu una delle punte di diamante di quello che considero un colpo di Stato, il sovvertimento di un organo dello Stato da parte di un altro».
Sua sorella Stefania Craxi, senatrice di Fi, parla di «stagione infausta». Ma, aggiunge, «Borrelli scelse con coerenza di vestire solo e sempre la toga e ebbe ad avanzare alcune riflessioni amare sugli effetti prodotti da Mani pulite». Per concludere che «nel momento del dolore il silenzio e il rispetto sono dovuti all’uomo e alla famiglia».
Per Chiara Moroni, figlia di Sergio, il parlamentare del Psi che si suicidò, su quegli anni «ancora non è stata fatta una riflessione collettiva condivisa, una mancanza grave».