Non c’è bambino al mondo, proprio come accade agli adulti, che non abbia tirato un qualche accidente. È questione che la vita ti afferra per le orecchie e non si può scappare dalle responsabilità.

Succede però che le cose prendano una strana piega quando Ada, ragazzina di dieci anni e 39 di scarpe, capace di tirare i famosi accidenti in rima, quindi con una marcia in più rispetto agli altri suoi compagni, vede avverarsi tutte le brutture che pensa in versi. Senza fatica, comincia a mietere vittime: la maestra Cioè, preda di quella orribile parola che infila in ogni frase, viene còlta da mostruoso mal di testa, l’amico millantatore si rompe una gamba sciando e a una certa signora Ombretta, che parla solo di noiosissimi dimagrimenti (che poi, neanche si vedono), cresce a dismisura il sedere, dopo il pizzico di un calabrone. Dietro a tutte queste disgrazie c’è lei, Ada, figlia di Lucia e Lucio, separati, lei pronta ad andare alle feste delle assicurazioni, lui accanito sparpagliatore di parole.

Il nuovo libro scritto da Paolo Nori, La bambina fulminante (Rizzoli, pp.120, euro 15, illustrazioni di Andrea Cavallini) è per bambini fino a un certo punto. Il gioco di specchi fra le parole (anche e soprattutto con quelle palindrome), i continui rimandi letterari e l’entrata in scena dello scrittore che fa capolino ad ogni capitolo – e che tanto somiglia al padre della protagonista – trasformano questo (non) romanzo in uno spiazzante oggetto da rimbalzo fra generazioni. Quindi, lo legga chi vuole, a prescindere dall’età e dalla disposizione d’animo. E si prepari a ridere dell’imprevedibile abilità di riplasmare il mondo delle sillabe messe in fila.

Nori stesso confessa di sentirsi confuso, di veder proliferare idee per storie sotto la doccia (quando pensa ai «lettori ragazzi») e di raccoglierne altre in bicicletta (quando invece tornano a intralciare la strada i lettori cresciutelli). Però, poi, le carte si mescolano. E sta qui anche il fascino della sua prosa, che racconta nascondendo, diventa un labirinto quando meno te lo aspetti e ti fa ritornare al punto di partenza, come un gioco dell’oca impazzito, di quelli che vanno in loop e non si fermano più.
Per sapere chi è Bob, presenza che fa spaventare molto Ada in fila davanti la porta del bagno del treno, bisognerà sfogliare capitoli su capitoli, ma poi l’attenzione del lettore cambierà bersaglio e si impunterà sui suoi figli, quei bambini tedeschi che non sanno benissimo l’italiano e sfoggiano frasi da tira-accidenti («che ti venga un canchero Ada, ma come sei alta?). Per fortuna, il dono della maledizione che s’invera non è roba per tutti, meno che mai per tedeschi. Neanche andare a Capri fa tanto per loro. Preferiscono finire in una stazione dei carabinieri a Carpi, cercando come pazzi la Grotta Azzurra in Emilia.