La voce di Barbara Baldi sembra un’estensione del suo segno: un soffio sommesso, però profondo e vibrante, come le dediche che sta rifinendo al Porte Aperte Festival di Cremona. Editi da Oblomov, i suoi romanzi grafici Lucenera e il recente Ada tracciano percorsi inediti: c’è sì la tekne di un’artista che collabora con i maggiori editori del villaggio globale. Ma c’è anche un bagaglio che va oltre le vicende narrate nei suoi romanzi grafici. «Ada è la vita che sto facendo tutt’ora», comincia la sceneggiatrice e disegnatrice nata a Pavia nel 1976. «Non siamo boscaioli ma ho un padre così, la repressione quotidiana del personaggio l’ho sperimentata in prima persona, soprattutto nell’infanzia. Stessa cosa Lucenera: quest’infanzia trascorsa su lavori umili, manuali, io l’ho vissuta. Quindi sì, direi che i miei libri parlano proprio di me».

IL FUMETTO, dunque, come doloroso riscatto. «È stata una fatica bestiale soprattutto con Ada, sentivo una grande vergogna. Raccontare i fatti miei non è facile, però il lavoro mi ha dato una gran mano. Mi ha fatto tirar fuori tutta l’ansia e l’angoscia che provavo. Quindi è stato liberatorio». Un vissuto complesso, del tutto inedito, che riecheggia anche negli esordi come colorista, arrivati quasi per scommessa. «Il mio primo portfolio l’ho preparato di nascosto. Sono andata in Disney, ho suonato il campanello, ho consegnato la cartelletta proprio come Ada nel mio libro, e mi hanno presa. Da lì, la mia vita è completamente cambiata: da schiava di mio padre mi sono ritrovata in città ad abitare e fare l’artista. Si è aperta la carriera, quindi bene così».

Barbara Baldi e Francesca Follini al Porte Aperte Festival di Cremona 2019

Tanto lavoro e un amore per le arti che emerge dalle citazioni ben dissimulate fra i disegni. «Sì, il mio lavoro è pieno di influenze, libri, film o dipinti. La pittura la uso perché i toni di questo o quel pittore rispecchiano l’effetto drammatico che cerco in un dato momento. Non me ne frega niente di citare Caravaggio o Picasso solo per il gusto di farlo. Mi frega semmai per le dominanti di colore, perché quelle dominanti di colore mi comunicano emozioni come allegria o angoscia. Vedo tutto come una colorista, perché alla fin fine il mio lavoro è quello». Tutto, insomma, nasce dalla inesauribile tavolozza dell’autrice, a comprendere anche l’atto creativo della scrittura. «Io non so fare una sceneggiatura, a scrivere 100 pagine ci metterei 100mila anni. Parto da una sinossi, la leggo ed entro in una specie di dormiveglia, in cui mi vengono delle immagini molto nitide che poi riporto nel fumetto. Vedo le scene e fisso subito i colori con Photoshop, velocemente. Invece di fare uno script e uno storyboard, io mi ispiro allo stile dei dipinti o dei film che mi piacciono e ne faccio una sintesi».

MA ANCHE così, le storie emergono quasi da sole, imponendosi anche attraverso svolte narrative fortissime e un rapporto costante con la natura, elemento chiave sia di Ada, sia di Lucenera. «Le mie protagoniste spesso vivono un’esistenza che non è la loro: è quella di qualcun altro che non le lascia vivere. Poi arriva qualcosa che dà uno schiaffo a tutto. Ti affezioni al personaggio, lo curi, lo segui passo passo e a un certo punto arriva la mazzata: e da lì devi scuoterti anche tu. Rispetto alla natura, seguo un po’ la lezione della Disney. Lì ti insegnano che i drammi avvengono sempre sotto la pioggia, perché la pioggia è il pianto… Mentre le stagioni le uso per sottolineare il passare del tempo. Per esempio, in Ada, a un certo punto la protagonista e suo padre scompaiono. Che fine hanno fatto? E inizia a piovere e poi pioggia, neve, pioggia. Quando li ritroviamo, è passato del tempo e loro stanno in silenzio, perché è successo qualcosa che ha sconvolto il loro rapporto…». Storie che si intrecciano intorno alle esperienze personali dell’autrice, fino a trovare il loro fil rouge nell’aspetto della protagonista, sempre uguale a se stessa a dispetto della trama, come nello Star System di Osamu Tezuka. «Abbiamo fatto il cast, ma alla fine mi piaceva sempre lo stesso personaggio. Le ho tagliato i capelli, le ho cambiato nome e via. inventiamo. Mi chiedevo: lo potrò fare? Tanti colleghi mi hanno detto di sì. Alla fine mi son detta ’mi butto e via’».

ASPETTANDO il prossimo romanzo grafico: «Finalmente tocco una storia attuale. Finalmente parlerò di Milano. La protagonista è una ragazza che suona la viola da gamba, sempre lei, le taglio di nuovo i capelli. Ci sarà un amore tormentato e il finale sarà un po’ crudo. Milano sarà protagonista, voglio assolutamente un sacco di pioggia». Niente anticipazioni: «Ci sto ancora pensando». L’estate porterà consiglio. E magari anche qualche bel temporale gravido di ispirazione.