La sindaca di Barcellona Ada Colau non ha dubbi: Mimmo Lucano è innocente e l’Italia assomiglia più a lui che al ministro degli interni Matteo Salvini. «Ho conosciuto il sindaco di Riace l’estate scorsa» racconta Colau. «Mimmo Lucano ci dimostra che gli stranieri non sono una minaccia, come vorrebbero i discorsi basati sulla paura di Salvini e di quelli come lui, ma al contrario: quando tratti gli altri esseri umani con rispetto e dai loro una seconda opportunità, non soltanto non minacciano il tuo stile e modo di vita, ma lo possono migliorare». E aggiunge: «non soltanto è una persona onesta ma è anche una persona intelligente, un buon gestore, che dimostra che un altro tipo di politica dell’accoglienza, senza paura, è possibile ed è efficace per migliorare la nostra situazione. La forza dell’esempio di Riace è questo».

Come ha reagito quando ha saputo del suo arresto?
Mi sono preoccupata, mi è sembrato impossibile. Ancora adesso faccio fatica a crederci. Ho degli amici italiani che sono in contatto con il gruppo di appoggio a Riace e mi aggiornano. Lui è invitato ufficialmente il 26 ottobre a Barcellona a presentare lo stesso libro di Tiziana Barillà per Fandango (Mimì Capatosta: Mimmo Lucano e il modello Riace) che abbiamo presentato a Riace. Se non sarà possibile il 26, lo sarà il mese dopo, ma spero di averlo presto in comune.

Una delle accuse contro Lucano è aver combinato matrimoni. Che strumenti ha un sindaco per forzare al massimo leggi che considera ingiuste?
Per prima cosa, sono convinta che l’accusa non sia vera. Anche persone non migranti hanno tante ragioni per sposarsi diverse dall’amore. Di questo non è responsabile un sindaco: la legge è fatta così. È un diritto e basta. Secondo, è vero: noi sindaci siamo la parte dell’amministrazione più vicina ai cittadini, alla convivenza, ai problemi reali, alle sfide, e quindi anche all’arrivo delle persone nelle nostre città. Ma siamo anche quelli che hanno meno competenze: non possiamo cambiare le leggi, abbiamo il budget più ridotto fra tutte le amministrazioni pubbliche, e quindi abbiamo dei limiti. Però non ci arrendiamo, perché sappiamo che il modello di città è la convivenza. L’uguaglianza non è solo importante per una questione morale o di convinzione democratica formale – lo è, è una questione di uguaglianza e di diritti – ma conviene anche a noi, come amministrazione e come società, che tutti i cittadini siano uguali. Perché lo sono nei diritti e anche nei doveri: se vogliamo che i cittadini abbiano rispetto per l’autorità, per le istituzioni, per le leggi della città che li accoglie, se vogliano che paghino le tasse, che rispettino lo spazio pubblico, che siano puliti, tutti si devono sentire cittadini, altrimenti non puoi chiedergli tutto questo. Quindi non è solo una questione di diritti, ma anche di riuscire ad avere cittadini impegnati, coinvolti responsabili e che sentano di avere doveri rispetto alla comunità.

Si è mai trovata a dover applicare una legge con cui non era d’accordo?
Non mi è mai capito di essere io in prima persona a dover applicare una legge che considero ingiusta. Però capita praticamente ogni giorno che delle leggi ingiuste vengano applicate nella nostra città. Sono leggi statali: la legge sull’immigrazione, o la legge che permette gli sgomberi di case senza distinguere le vulnerabilità. Noi facciamo tutto il possibile, ma non possiamo disobbedire. Anche se io volessi disubbidire, potrei farlo soltanto col mio corpo se vado davanti alla casa o aiuto una persona migrante concreta, ma non è nella capacità del comune disobbedire. Noi cerchiamo strategie. Per esempio, abbiamo cercato di allentare i requisiti per diventare residenti in città: prima era necessario un indirizzo fisso con delle prove, ora puoi farlo senza indirizzo fisso. E questo dà dei diritti, perché puoi andare ai servizi sociali, puoi usare la sanità, e tanti servizi della città perché sei riconosciuto come cittadino. Su quello che dipende da noi, riconosciamo tutti come cittadini, senza distinzioni. Però lo possiamo fare solo con quanto dipende da noi.

Qual è il suo messaggio per la manifestazione in appoggio a Lucano?
Il mio messaggio è per l’Italia che conosco. È da tanti anni che frequento l’Italia e sono innamorata del vostro paese. L’Italia che io conosco somiglia molto di più a Mimmo Lucano che a Salvini. Vi chiedo di credere in voi stessi, di pensare che siete un paese meraviglioso, un paese repubblicano, antifascista, che crede alla democrazia, alle persone, un paese colto, che ama la vita. Vi chiedo quindi di difendere la vita, la speranza in un futuro migliore che possiamo costruire soltanto insieme. Con la paura non si costruisce niente.