Dal 16 al 22 settembre l’Ue promuove la settimana della mobilità sostenibile, proponendo ai cittadini di rendersi protagonisti attraverso il movimento. Si possono percorrere a piedi alcuni tratti casa-lavoro, muoversi in bici e integrare il percorso con i mezzi pubblici, fare esercizi agli attrezzi posti davanti alla fermata dell’ autobus. E’ un modello che in altri paesi europei è stato realizzato e si chiama Active City. Antonio Borgogni docente all’Università di Cassino e del Lazio Meridionale, su questi temi ha sviluppato ricerche comparate tra Finlandia, Francia, Spagna e Italia. Dal 2010 promuove “Active city” www.activecity.it, che propone l’idea del corpo come analizzatore della qualità della vita in città in relazione con gli approcci delle Città Sane e Smart. Ha pubblicato il libro “Body, Town Planning, and Participation – The Roles of Young People and Sports”.

 

 

  • Che cos’è una città attiva?

 

E’ la città in cui le infrastrutture, i servizi di mobilità, sportivi, ricreativi e l’ambiente sociale facilitano l’uso del corpo nella vita quotidiana contribuendo a rendere la città più sana, intelligente, vivibile e sicura. Centrale è la riqualificazione partecipata dello spazio pubblico per aumentarne l’accessibilità, la fruibilità, la sicurezza, l’estetica.

 

  • Quali caratteristiche deve avere una città attiva?

 

La comunità scientifica è concorde sul fatto che lo stato di salute positiva si ottenga grazie all’attività motoria quotidiana e non solo alla pratica sportiva. Una città attiva deve essere dotata di percorsi pedonali, ciclabili, spazi verdi, impianti sportivi accessibili sia dal punto di vista infrastrutturale che economico, servizi di trasporto efficienti con fermate entro 300 metri dall’ abitazione. Ricerche svolte in vari Paesi dimostrano che la prossimità degli spazi verdi, di impianti, di percorsi ciclabili o pedonali incrementa i livelli di attività motoria dei cittadini.

 

 

 

  • Quali sono i vantaggi sulla salute dei cittadini e della città?

 

I benefici principali, secondo la guida dell’OMS Europa “Una città sana è una città attiva”, risiedono nel miglioramento della salute dei cittadini attraverso una diminuzione della sedentarietà e delle malattie che ne derivano con conseguente risparmio della spesa sanitaria e dei trasporti. Pur essendo questi gli obiettivi principali delle istituzioni, la città attiva favorisce altri aspetti importanti, quali l’allargamento delle reti sociali, il miglioramento della qualità ambientale, una maggiore produttività dei cittadini e dei lavoratori, la creazione di ambienti più vivibili e attraenti per residenti, turisti, e per chi intende cambiare città, il miglioramento della qualità dell’aria e dell’inquinamento acustico, una maggiore accessibilità alle aree verdi, la riqualificazione partecipata del quartiere e l’incremento della coesione sociale e dell’identità comunitaria.

 

  • Quando e dove nascono i primi modelli di città attiva?

 

La sensibilità ambientale nata nei Paesi centro e nord europei negli anni ’70 può essere considerata l’origine moderna di un’idea di città come reazione traffico automobilistico. I woonerf (strade condivise) olandesi nascono in quegli anni. Oggi, diverse città europee si muovono in questa direzione con progettazioni integrate: Copenaghen, può essere considerata esempio di promozione della mobilità ciclabile, Barcellona, con la capillare diffusione di spazi ricreativi e sportivi, formali e informali, le tante esperienze di cittadine europee che adottano il sistema degli Shared Spaces, diverse città italiane che fanno parte della rete “Città Attive” nata nel 2012.

 

  • Che cosa dovrebbero fare gli amministratori di una città per avviare politiche di città attiva?

 

Partire dalla ricognizione dell’esistente, vi sono molti spazi urbani nelle nostre città che con interventi limitati possono essere valorizzati. Inoltre, avviare un tavolo intersettoriale interno all’amministrazione aperto ai contributi di esperti e delle realtà associative e private del territorio. Ad esempio, con la regia dell’ente locale e di esperti, i volontari di un’associazione possono dare un grande contributo all’avvio di un’esperienza di percorsi sicuri casa scuola (piedibus) mentre l’associazione degli albergatori può essere interessata a promuovere la città come attiva. Come avviene in varie realtà sono i siti degli alberghi stessi che propongono l’hotel rimarcando come nelle vicinanze ci sia il percorso ciclabile o per fare jogging. Ogni progetto e piano d’azione vanno realizzati in base al contesto specifico. Il ruolo principale degli esperti è questo.

 

  • E’ possibile rendere attive città come Roma, Milano, Napoli, Torino?

 

La situazione delle grandi città italiane è complessa. Una scellerata politica della mobilità fin dal dopoguerra le hanno portate ad avere il più alto indice di auto per abitante in Europa (l’indice di motorizzazione di Roma è tre volte quello di Parigi). Tuttavia si registrano alcuni segnali. Torino, che fa parte della rete delle città attive, ha attivato un protocollo come città camminabile. E’ una direzione obbligata visto ciò che sta accadendo in Europa.

 

  • In quali centri urbani italiani sono state realizzate politiche di città attive?

 

Con progettazioni ancora non integrate possiamo citare le città che hanno partecipato al primo seminario “Active city: costruiamo il modello italiano” svoltosi a Ferrara nell’ottobre 2012: Udine, città che è stata per vari anni capofila della reta italiana Città Sane, Torino, Bari, Casalecchio di Reno e varie altre realtà tra cui le interessanti azioni di promozione dell’attività motoria della Regione e del Servizio Sanitario dell’Emilia Romagna; cito tra tutte la capillare campagna per la promozione dell’uso delle scale.

 

  • Quali modelli hanno realizzato nelle grandi città europee?

 

Copenaghen ha puntato sulla ciclabilità con l’obiettivo di divenire “car free” e “carbon neutral” city entro il 2025, a dimostrazione della necessità di politiche integrate. Turku, in Finlandia, promuove da vent’anni le politiche più innovative attraverso sistemi infrastrutturali, di accesso agli impianti, di promozione dell’attività motoria a partire dal cammino, basati sui dati scientifici che le università finlandesi hanno evidenziato.

 

  • Quali paesi dell’Ue sono avanti nelle politiche delle città attive?

 

La Finlandia dal punto di vista dei cittadini fisicamente attivi, è tra i primi in classifica in Europa. I Paesi in cui il tasso di sedentarietà è più basso sono quelli in cui queste politiche sono più avanzate , come i Paesi scandinavi, Olanda, Svizzera e in parte la Gran Bretagna.

 

  • Nelle grandi città dei paesi extraeuropei sono state realizzate politiche di città attive?

 

In Europa, Nord America e alcune nazioni asiatiche la linea di tendenza della riqualificazione urbana si concentra sulla vivibilità dello spazio pubblico, compresi gli spazi pedonali e ciclabili, in Italia c’è scetticismo sulla possibilità di sviluppare politiche del genere, si dice che è facile parlare dei Paesi del Nord Europa, ma dopo Amsterdam la seconda città mondiale ad avere aumentato gli spostamenti ciclabili negli ultimi venti anni è Bogotà! Se è possibile a Bogotà, una città di 9milioni di abitanti posta a 2600 metri di altitudine con 350 km di piste ciclabili, perché non da noi?

 

  • A quali “comodità” devono rinunciare gli abitanti di una città attiva?

 

E’ una domanda molto interessante, cruciale per predire il successo di una proposta. Verrebbe da dire a nessuna, perché una città attiva consente spostamenti più veloci rispetto ad una città ordinaria. Il punto di svolta sta nell’agire in modo integrato (con politiche educative, della mobilità, sociali, urbanistiche) in modo tale che la percezione dei cittadini si modifichi. Il successo del Vélib a Parigi risiede nella percezione del vantaggio (risparmio di tempo, salute, stare all’aria aperta anziché nel metrò) che i cittadini hanno nell’usare il sistema di biciclette pubbliche. E’ anche un buon esempio di contatto tra città attiva e città smart viste le varie modalità tecnologiche con cui funziona. La vera rinuncia è alla pigrizia e alla conseguente sedentarietà.