Capelli corti, gambe larghe, mani in tasca e abiti maschili. Quando lo scorso aprile il gruppo musicale Acrush ha lanciato il suo primo singolo contava già oltre 900mila follower sul Twitter cinese Weibo, poco meno della pluripremiata Katy Perry. Un successo insolito per una «boy band» agli esordi, specie se composta interamente da ragazze. Si tratta infatti di cinque ventenni graciline e dall’aspetto androgino, assoldate dalla startup Zhejiang Huati Culture Communication Co. Ltd con l’obiettivo di sfidare la figura stereotipata delle starlet più in voga, come le Shanghai SNH48: sorta di ragazze pon-pon con lunghe code di cavallo, gonnelline e calzini al ginocchio. Tutto un altro stile.

Giustificando l’insolita scelta, l’agente di Acrush, Zhou Xiaobai, ha spiegato alla testata digitale Quartz che lo scopo del quintetto è quello di «sfruttare l’esclusiva bellezza della neutralità di genere. Un particolare senso estetico fine a sé stesso che crediamo possa diventare uno stile alla moda». Una deliberata scelta pubblicitaria che tuttavia si fa indirettamente promotrice di un messaggio spiccatamente rivoluzionario: «sostenere la libertà rigettando le limitazioni imposte dalle cornici» è una dichiarazione d’intenti che lancia il guanto della sfida all’austerità dei costumi sponsorizzata dalla propaganda ufficiale. Soprattutto da quando alla barra del timone siede il presidente Xi Jinping, fautore di una nuova «rivoluzione culturale» volta a mondare i media tradizionali e la blogosfera di tutte quelle sbavature ideologiche non conformi ai valori socialisti. L’omosessualità di certo non lo è.  Sebbene le bad girl di Acrush sostengano la propria eterosessualità, preferendo agli attributi di genere un più neutro meishaonian («bella gioventù»), il terreno calpestato dall’inconsueta «boy band» è quantomai scivoloso. Con una fanbase costituita soprattutto da teenager e liceali di sesso femminile, il vezzeggiativo più utilizzato dalle ammiratrici nei loro confronti è quello di laogong («marito»), per intenderci lo stesso affibbiato a Justin Bieber. Nello smentire il perseguimento di finalità gayfriendly, tuttavia, Acrush sembra trarre ispirazione da una tradizione «unisex» con radici nella cultura sinica.

Come sottolineato dalla sessuologa Li Yinhe, dalla guerriera Mulan all’impersonificazione di ruoli femminili da parte di attori maschili nell’Opera di Pechino e Shaoxing, la tradizione cinese ha flirtato con un ambiguo trasformismo fino ai giorni nostri. Talvolta con successo. È il caso di Li Yunchun, che grazie al suo look mascolino nel 2005 ha vinto il talentSuper Girl aprendo la strada a un nuovo ideale di donna androgina. Nel corso degli anni Li, è diventata una delle star cinesi più popolari. Ascesa forse spianata da quella familiarità tutta asiatica nei confronti di una bellezza asessuata che sul versante maschile trova la sua massima espressione nei «flower boy» – giovani efebici di cui le soap cinesi e taiwanesi strabordano – e nelle relazioni omosessuali degli anime giapponesi yaoi (Boy’s Love).

Qui la dimensione delle allusioni sfocia in relazioni omosessuali esplicite, senza tuttavia perdere una sua innocenza. «Non si tratta di porno gay per omosessuali e lesbiche. Pur essendo etero, adoro la purezza dell’amore tra ragazzi», spiega una giovane cinese al New Yorker, lamentando la complessità dei rapporti amorosi tradizionali nell’ex Celeste Impero, soggetti all’ingerenza delle famiglie e corrotti da meschini calcoli economici. Colpa della filosofia confuciana, colpevole di accrescere la pressione emotiva attribuendo a ogni individuo una precisa collocazione e responsabilità sociale sulla base del genere, della classe e dell’età. Al contempo, la rigida separazione maschi-femmine, cui sono sottoposti i bambini fino al liceo, si traduce in una reciproca diffidenza tra i sessi che spinge molte adolescenti a preferire una realtà femminile come Acrush a una classica boy band composta da – seppur poco virili – uomini.