Il Comitato intergovernativo per la promozione del ritorno dei beni culturali nei propri paesi di origine o la restituzione in caso di appropriazione illecita (Icprcp) dell’Unesco ha di recente votato all’unanimità un testo finalizzato al ritorno dei marmi del Partenone ad Atene. In seguito alla raccomandazione in cui si fa riferimento alle cattive condizioni di esposizione delle sculture al British Museum, il Comitato esorta il Regno Unito a riconsiderare la sua posizione e a dialogare con la Grecia, riconoscendo inoltre che la controversia è intergovernativa. Il successivo viaggio del Primo ministro greco a Londra non ha però generato un passo in avanti, in quanto Boris Johnson ritiene la questione un «problema» del British Museum e non del governo inglese. Partendo da queste vicende, abbiamo conversato con Tasos Tanoulas, membro dell’équipe tecnica per la salvaguardia dei monumenti dell’Acropoli dal 1977 al 2017 e architetto incaricato del restauro dei Propilei dal 1984 al 2010.
«L’appello per la restituzione dei marmi del Partenone, lanciato al principio degli anni ’80 del secolo scorso, mi è sempre sembrato un gesto politico inscritto nella cornice del motto di Andreas Papandreou La Grecia ai greci. Durante il primo governo greco autodefinitosi socialista, questo voleva significare un nuovo inizio. L’appello ebbe grande risonanza grazie alla promozione che ne fece l’allora ministra della cultura Melina Merkouri, star del cinema mondiale. Oggi continua a indugiare come una cortina fumogena tra l’inadeguatezza dello Stato greco nella gestione del patrimonio culturale e l’opinione pubblica internazionale».

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Cosa pensa del tentativo di negoziazione di Mitsotakis con la Gran Bretagna?
Lo definirei deplorevole, innanzitutto per la mancanza di argomenti. Va inoltre sottolineato che la nuova normativa dello Stato in materia di beni culturali consente l’espatrio di capolavori dai musei greci per un periodo di almeno venticinque anni. Ciò implica la possibilità che anche i marmi del Partenone, qualora dovessero rientrare in Grecia, possano essere ancora ceduti a qualsiasi museo del mondo, compreso il British Museum. È davvero paradossale, poi, che l’Unesco supporti la causa per la restituzione dei marmi mentre non abbia espresso alcuna preoccupazione per le vergognose politiche messe in atto nel cantiere di costruzione della fermata della metropolitana Venizelou a Salonicco. In quella circostanza, infatti, è stata riportata alla luce una testimonianza archeologica unica su scala internazionale solo per essere smembrata, nonostante costituisca il cuore stesso del complesso monumentale della città bizantina, i cui altri monumenti sono stati inseriti nella blasonata Lista Unesco fin dal 1988. Insensato è anche che l’Icprcp deliberi in favore della Grecia per la questione dei marmi del Partenone mentre l’Unesco non si pronunci riguardo ai massicci e irreversibili lavori eseguiti sull’Acropoli e agli altri vasti progetti di ricostruzione in programma, che invalideranno i criteri secondo i quali il sito è stato dichiarato Patrimonio dell’umanità nel 1987.

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C’è un legame ideologico tra la richiesta di restituzione dei marmi e la ricostruzione dell’Acropoli?
Sì, se per ideologia s’intende l’adesione a un imponente progetto mirato a trasformare il centro storico (per così dire) di Atene in un agglomerato ad uso dei turisti, che fornisca un accesso rapido e facile ai siti archeologici, ai musei, allo shopping e ad altre attrazioni urbane, ovvero un luogo ideale per visite brevi connesse alle crociere! La restituzione dei marmi del Partenone sarebbe funzionale a questo telaio «ideologico», in quanto contribuirebbe all’aumento del numero di visitatori del Museo dell’Acropoli. Ma, in verità, l’ideologia sottesa ai recenti e futuri progetti di ricostruzione sull’Acropoli e intorno ad essa ostacola il ritorno dei marmi, dal momento che il presidente e il vicepresidente del Comitato per la conservazione della Rocca, propongono – e con orgoglio! – un modo decisamente inquietante per individuare l’autenticità dei monumenti. Essi affermano, infatti, che il valore artistico è quello preminente. Secondo questo assunto, una copia accurata vale quanto l’originale. La perdita delle parti antiche non è dunque considerata un problema finché, in linea con il pensiero del Comitato, le «ricostruzioni» saranno basate sull’utilizzo del medesimo materiale (nel caso dell’Acropoli, il marmo) o di un materiale simile! Siamo in presenza di un gigantesco ossimoro, visto che tali principi priveranno l’appello per la restituzione dei marmi del Partenone dei suoi argomenti di base. Coerentemente con le loro idee, le autorità greche dovrebbero allora contemplare anche l’eventualità di chiedere al British Museum delle minuziose copie al posto degli originali.

Quali sono le maggiori criticità emerse sull’Acropoli dopo la realizzazione delle passerelle per disabili che hanno inorridito la comunità internazionale?
I percorsi in cemento armato rivestono il suolo roccioso dell’Acropoli per una vasta estensione. L’impatto estetico degli interventi, che sembra competere con i risultati architettonici e scultorei dei monumenti antichi, sminuisce questi ultimi e svaluta il sito archeologico nel suo complesso. Dal punto di vista tecnico, l’utilizzo di mezzi pesanti per tagliare i bordi in calcestruzzo delle passerelle ha causato danni alla roccia viva. Inoltre, la rete metallica per la posa del cemento – separata dalla roccia con un telone di plastica – dovrà essere rimossa meccanicamente, procedura che arrecherà certamente altri danni, anche se eseguita da operai specializzati. Abbiamo già assistito a questo genere di devastazioni quando è stata eliminata la massiccia fondazione per l’alloggio della gru collocata ad ovest del Partenone: l’uso di una grande perforatrice a percussione ha provocato abrasioni e crepe nella roccia, successivamente coperte da nuova pavimentazione. L’impiego del cemento armato è stata una pratica quotidiana persino nelle costruzioni per il sistema di drenaggio all’interno del muro nord e sulle pendici settentrionali dell’Acropoli.

Anche l’ascensore è un elemento decisamente invasivo.
Proprio così. I robusti piloni di metallo che sostengono il ponte di collegamento con il nuovo ascensore all’interno dell’Acropoli riposano su una fondazione in cemento armato che si estende per circa due metri sotto al livello del suolo e con un volume di almeno sei metri cubi. L’installazione dei pali ha cagionato la distruzione di una muratura arcaica. Al di là di questo atto criminale, la stessa fondazione pone un problema serio, essendo troppo vicino sia al muro dell’Acropoli nella sua estremità nord sia al lato occidentale della cisterna bizantina. Che ne sarà di queste strutture quando l’ascensore verrà dismesso? Non vi è dubbio che con il pretesto dell’accessibilità per i disabili si è voluta incrementare la capacità di accoglienza del sito, avvantaggiando il flusso delle masse che si muovono in spazi limitati con ridotta disponibilità di tempo.

L’Acropoli è oggi una fabbrica di illusioni tesa a raggiungere la purezza dell’architettura classica?
Mi limiterò a citare qualche passaggio dalla valutazione dell’Acropoli da parte dell’Unesco, a sostegno della sua dichiarazione come monumento del patrimonio mondiale. L’Acropoli è «l’espressione suprema dell’adattamento dell’architettura ad un sito naturale un eccezionale esempio di un insieme architettonico che illustra fasi storiche significative dal XVI secolo a.C., direttamente e tangibilmente associato a eventi e idee che non sono mai sbiaditi nel corso della Storia». Le nuove opere sull’Acropoli possono invece definirsi esattamente quella che lei chiama una «fabbrica di illusioni». Ma alla fine, creeranno solo disillusioni sull’architettura classica e sull’archeologia del sito.

 

Qualche approfondimento

Acropoli : https://cms.ilmanifesto.it/acropoli-lo-sfregio-del-cemento/

Salonicco: https://cms.ilmanifesto.it/a-salonicco-dove-si-rimuovono-vestigia-per-la-metropolitana/