Avversari politici, ma partner europei: piroette diplomatiche, ieri a Budapest, nell’incontro tra Emmanuel Macron e Viktor Orban. Il presidente francese era in Ungheria, ultimo paese visitato tra i 26 partner, alla vigilia della presidenza francese della Ue, che inizia il 1° gennaio e che riveste grande importanza anche per la campagna elettorale delle presidenziali, nello scontro tra «europeisti» e «nazionalisti». Orban, del resto, ha già ricevuto gli avversari di Macron dell’estrema destra, a settembre il polemista Eric Zemmour e da poco Marine Le Pen, accolta con tutti gli onori. A Budapest, ieri ha avuto luogo anche il vertice dei paesi del gruppo Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia). «Qualunque siano le nostre sensibilità politiche, le nostre scelte – ha detto Macron – dobbiamo lavorare assieme». E ha aggiunto:

«Abbiamo differenze politiche che sono note», ma dobbiamo «essere partner leali». Orban ha risposto: siamo «avversari politici e al tempo stesso partner europei: accettiamo la definizione francese, patria degli Enciclopedisti» e ha insistito sulla «relazione rispettosa».
Macron a Budapest, dopo essersi recato sulla tomba della filosofa Agnès Heller, coscienza dell’Ungheria, deceduta nel 2019, ha anche incontrato degli oppositori dell’autocrate, tra cui il sindaco di Budapest, Gergely Karacsony e Peter Marki-Zay, candidato unico dell’opposizione alle prossime elezioni di aprile. Macron non ha insistito sulle divergenze e sulla sfida allo stato di diritto del regime di Orban, ma ha cercato dei punti di convergenza: l’Ungheria è alleata della Francia sulla scelta dell’energia nucleare, proprio nel momento in cui la Commissione si prepara a pubblicare la «tassonomia» sui finanziamenti «verdi», c’è sintonia sulla politica di investimenti, sulla difesa europea da promuovere. Macron ha ringraziato Orban per la partecipazione dell’Ungheria all’operazione anti-terrorista Takuba in Sahel.

Poi c’è il capitolo Schengen. Macron ha l’intenzione di promuovere una riforma della convenzione nata negli anni ’80 per permettere la libera circolazione tra gli stati firmatari (oggi sono 26, tra cui 22 membri della Ue). La Commissione ha fatto delle proposte già a giugno. Schengen era il simbolo dell’Europa, ma i criteri erano stati stabiliti in un periodo molto diverso da quello attuale, prima ancora della caduta del muro di Berlino.

Questo periodo è durato poco: oggi la percezione di Schengen si è ribaltata, è diventato il simbolo dell’Europa-fortezza, chiusa verso l’esterno. C’è stato il 2015 con la crisi migratoria, che per la Francia è anche l’anno degli attentati. Più di recente, Schengen è stato messo in difficoltà dal Covid, con la chiusura delle frontiere interne a singhiozzo. Macron nel presentare il programma della presidenza francese della Ue ha insistito su un’Europa «più sovrana», sulla necessità di «proteggere le frontiere, condizione indispensabile» per la sicurezza e, ha detto, anche per garantire il diritto d’asilo, che oggi è confuso con il diritto, non garantito nella Ue, dell’immigrazione. La Francia propone una riforma dei testi di Schengen per migliorare il funzionamento interno di questo spazio e la creazione di un meccanismo di sostegno di emergenza alle frontiere, in caso di crisi per uno stato membro (come nel caso Polonia-Bielorussia, ma Varsavia ha rifiutato l’intervento di Frontex, episodio tragico che ha fatto seguito ad altri momenti di utilizzazione dei migranti come elemento di pressione sulla Ue, in primavera tra la Turchia e la Grecia o il caso Spagna-Marocco a Ceuta).

La Francia vorrebbe fare passi avanti nel «pacchetto migrazione», sull’armonizzazione delle regole di accoglienza e cooperazione con i paesi d’origine (è previsto un summit Ue-Africa il 17-18 febbraio a Bruxelles).

Ma l’attenzione è anche sulla crisi Russia-Ucraina. Mercoledì i 27 incontreranno i «partner orientali», Ucraina, Moldavia, Georgia, Azerbaijan, Armenia, mentre la Bielorussia ha sospeso la partecipazione lo scorso giugno. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha evocato nuove sanzioni contro Mosca in caso di invasione dell’Ucraina ma già ieri i ministri degli Esteri hanno deciso restrizioni contro esponenti del gruppo Wagner (che agisce per conto di Mosca).