A 1.152 chilometri da Milano, sul confine tra Ungheria e Serbia, Asotthalom, quattromila abitanti, un sindaco in prima linea con il Jobbik, il partito xenofobo, 21% dei consensi alle elezioni 2014, aspetta con ansia che inizino i lavori. E mentre nei recinti dell’Expo il padiglione ungherese si profonde in musiche e sorrisi, chiacchiere ed effetti speciali, lì arriveranno ruspe e gru per costruire un’opera che il premier magiaro Viktor Orban, ritiene politicamente ben più importante: un muro di 175 chilometri e quattro metri di altezza contro l’esodo di profughi afghani, iracheni, siriani. Trecento al giorno, secondo il governo, arrivano ad Asotthalom. «L’immigrazione è pericolosa», tuona Orban. Il 45% del popolo, coloro che lo hanno votato, plaude. Storia recentissima, il muro. Espressione di uno stato da tempo in braccio a una destra con punte estreme molto acuminate. Ogni padiglione dell’Expo sviluppa un suo tema intorno a quello principale. L’Ungheria ha scelto «Dalla fonte più pura».

E già parlare di purezza dopo quanto abbiamo appena raccontato evoca ideologie storicamente finite, ma pronte a saltar fuori dalla pentola dell’odio e del razzismo. Il concept del padiglione vorrebbe rassicurare, spiegando che sua filosofia ispiratrice «…. è l’interazione tra la salubrità del cibo, lo stile di vita sano, la garanzia di sicurezza alimentare, insieme con la conservazione della biodiversità per le future generazioni. Tre sono i temi principali in cui è raggruppata l’offerta espositiva: le tradizioni salutari, in cui si presenta il modello di agricoltura di qualità ungherese, a mosaico e familiare… ; il Paese dell’acqua, con la ricchezza di risorse idriche e bagni termali… e l’eredità per il futuro, con il ruolo della ricerca e dell’innovazione per la tutela di specie animali e vegetali locali (hungaricums) e l’importanza dell’agricoltura biologica contro le mutazioni genetiche».

Ulteriormente rassicurante dovrebbe essere la struttura del padiglione «… che si ispira nella parte centrale all’Arca di Noè, simbolo di salvezza degli esseri viventi». Mette a nudo Noè/Orban Lydia Gall, ricercatrice di Human Rights Watch per i Balcani e l’Est Europa, «L’Europa deve… proteggere i diritti dei cittadini ungheresi, attivando il meccanismo dei diritti fondamentali, della Rule of Law (le regole che disciplinano l’esercizio del potere pubblico, ndr) e mettere la situazione del Paese nell’agenda del suo Consiglio». Precise le denunce nel Rapporto 2014/2015 di Amnesty International, a cominciare da un atteggiamento persecutorio nei confronti delle Ong, accusate di agire nell’interesse dei governi stranieri che le finanziano. Il premier ha incaricato l’ufficio governativo di controllo, il Khei, di darsi da fare. Sono subito partiti blitz, sequestri di computer e documenti nelle sedi di varie Ong. Ai rom viene negata l’assistenza sanitaria, e frequenti sono gli atti discriminatori da parte degli operatori sanitari; la polizia sgombera le case, senza alternative, usando il pretesto di edifici ormai inadeguati.

I rifugiati e i richiedenti asilo sono di fatto incarcerati, il controllo giudiziario delle richieste si muove volutamente a ritmi esasperanti. Il Comitato delle Nazioni Unite per i diritti dell’infanzia ha denunciato la detenzione amministrativa di minori richiedenti asilo e minori migranti non accompagnati. La Corte Europea per i diritti umani ha definito la negazione dell’ergastolo senza condizionale «Una punizione disumana e degradante». Tutto questo e altro ancora sgorga copioso dalle acque della fonte più pura.

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