Oggi una delegazione della Fp Cgil e del Forum italiano dei movimenti per l’acqua depositerà al ministero dell’Interno le 67 mila firme raccolte per l’Iniziativa dei cittadini europei per l’acqua pubblica, 12 mila in più di quante previste per raggiungere la soglia di validità per l’Italia. Queste firme concorrono a un risultato straordinario: le firme raccolte in tutta Europa per contrastare la privatizzazione dell’acqua e del servizio idrico ammontano, al termine della campagna, a più di un milione e 800 mila, con 13 Paesi che hanno superato la soglia di validità e, soprattutto, con la Germania che, da sola, ha prodotto un milione e 200 mila adesioni. Lì – e il fatto va sottolineato – la raccolta delle firme per l’Ice ha assunto le dimensioni di un vero e proprio movimento popolare, paragonabile a quella che è stata da noi la campagna referendaria per l’acqua nel 2011.
Si apre ora un percorso che porterà la Commissione Europea a doversi esprimere sulle questioni rilevanti poste dall’Iniziativa dei cittadini europei entro il prossimo febbraio, a ridosso della campagna elettorale per il Parlamento Europeo.
Questo importante risultato, che parla della persistenza del movimento per l’acqua in Italia e di una sua estensione nella dimensione europea, ci dice molte cose, alcune essenziali. La prima è che è possibile e praticabile costruire un’iniziativa per far avanzare l’idea di un altro modello sociale e produttivo per l’Europa, alternativa all’attuale impostazione di politica economica e sociale egemonizzata dalla Germania della Merkel. Un rinnovato modello europeo, che metta al centro Stato sociale, lavoro e beni comuni al posto di politiche dell’austerità e dell’ossessione del debito pubblico: questo è, almeno potenzialmente, il valore paradigmatico dell’Ice per l’acqua pubblica e anche la sua efficacia, visto che, ancor prima della conclusione della raccolta delle firme, il Commissario al mercato interno Barnier ha annunciato che il servizio idrico viene escluso dalla Direttiva comunitaria sui contratti di concessione, nata con un’intenzione di ampliare i processi di privatizzazione dei servizi pubblici.
Quest’alternativa tra due visioni dell’Europa dovrà stare necessariamente in campo anche nella futura scadenza elettorale europea ma, come dimostra la vicenda dell’Ice sull’acqua pubblica, ancor più nella mobilitazione sociale.
Questo risultato, assolutamente non scontato, è illuminante anche per i soggetti che hanno promosso l’Ice: da una parte, per Epsu, il sindacato europeo dei servizi pubblici, che vede la conferma di un’impostazione che ha creduto in un reale lavoro che assumesse un orizzonte europeo, superando un approccio per cui, troppo spesso, il sindacato europeo è più una sommatoria di sindacati nazionali che un vero sindacato sovranazionale. Dall’altra, è evidente che un milione e 800 mila firme raccolte in Europa e, sia pure in dimensioni diverse, in tutti i 27 Paesi dell’Unione, sono il prodotto di un intreccio fecondo, e passibile di ulteriori sviluppi positivi, tra l’iniziativa e l’esperienza sindacale e quelle dei movimenti che si battono per l’acqua bene comune, ponendo le basi per una Rete europea dei movimenti per l’acqua.
In secondo luogo, il significativo riscontro dell’Iniziativa dei cittadini europei fa emergere con ancora più forza lo scarto tra la continuità del movimento per l’acqua, che ora si esprime anche nella dimensione europea, e la prosecuzione, nel nostro Paese, della volontà di proseguire nell’intenzione di contraddire l’esito referendario di due anni fa. Non mi riferisco solo all’approvazione del nuovo metodo tariffario del servizio idrico da parte dell’Authority dell’ Energia Elettrica e del Gas che ripristina, sotto mentite spoglie, la remunerazione del capitale abrogata con il secondo referendum del giugno 2011. E neanche semplicemente al dato che i processi di ripubblicizzazione del servizio idrico, dopo la costituzione dell’Azienda speciale a Napoli, sembravano avanzare in diversi territori del Paese, mentre, in quest’ultima fase, stanno registrando rallentamenti se non vere e proprie battute d’arresto. Ancora più preoccupante è l’orientamento che sembra emergere da parte del governo Letta – ammesso che riesca a proseguire – nel momento in cui si appresta a predisporre la nuova legge di stabilità e si moltiplicano gli annunci sull’idea che in essa sia contenuto anche un nuovo piano di grandi privatizzazioni, comprendendo anche i servizi pubblici locali. Se così fosse, ci troveremmo di fronte non solo a un attacco pesante all’esito politico dei referendum, ma anche alla riproposizione di un’impostazione di politica economica e sociale in perfetta continuità con quella praticata dal governo Monti dal 2011 al 2013. Quella che in nome dell’ abbattimento del debito pubblico e della ripresa della crescita ha colpito pesantemente lo Stato sociale, a partire dalle pensioni, i diritti dei lavoratori e incentivato ulteriormente le privatizzazioni, peraltro arrivando allo straordinario risultato di far aumentare il rapporto tra debito e Pil dal 120 al 130% dal 2011 al 2013 e di arrivare a -1,8% nella crescita a fine 2013. È evidente che il movimento per l’acqua contrasterà tali intenzioni, così come rilanceremo la nostra iniziativa per la ripubblicizzazione del servizio idrico, sostenuti in ciò dalla recente costituzione dell’Intergruppo dei parlamentari per l’acqua pubblica e anche con la discussione che svolgeremo a Torino il prossimo 21 settembre, con un importante convegno internazionale, al quale parteciperanno, tra gli altri, Anne Le Strat, vicesindaco di Parigi, e Stefano Rodotà.
Infine, anche quest’iniziativa e il suo prosieguo ci parlano del tema decisivo della democrazia e del suo stato reale in Europa e nel nostro Paese. È bene avere presente che l’Iniziativa dei cittadini europei, istituita poco più di un anno fa, è l’unico strumento attualmente esistente in Europa per far sentire, in modo non mediato, la voce dei cittadini, delle organizzazioni sociali e dei movimenti al livello delle istituzioni comunitarie. In un quadro in cui, di fatto, è la troika Fmi, Bce e Commissione Europea che decide la sostanza delle scelte di politica economica e sociale, far avanzare una pratica, per quanto imperfetta, simile a una forma di democrazia diretta rappresenta un punto di riferimento essenziale per chiunque si prefigga l’obiettivo di dar gambe a un’altra idea di modello produttivo e sociale nella dimensione continentale. Ciò vale ancor più per il nostro Paese, dove non solo continuiamo ad assistere allo spettacolo vergognoso di un leader di partito che non intende riconoscere la legittimità del potere giudiziario, ma anche a una discussione sulle riforme costituzionali che, occhieggiando all’ipotesi del presidenzialismo, propone una lettura della crisi per cui diventa necessario comprimere la domanda sociale e renderla compatibile con un sistema politico sempre più autoreferenziale e rinchiuso in logiche impermeabili alla sofferenza e al disagio sociale. Non esitando, per questa via, a manomettere la Costituzione, a non rispettare la volontà popolare espressa nei referendum, a non riconoscere, anche per via legislativa, il diritto dei lavoratori a poter scegliere liberamente la propria rappresentanza sindacale e a poter decidere sugli accordi che li riguardano. Anche da questo punto di vista, non si può più rinviare la scelta di costruire una grande coalizione sociale che metta al centro l’attuazione del dettato costituzionale e l’espansione della democrazia, come si è iniziato a fare con l’Assemblea nazionale di domenica scorsa a Roma indetta esattamente su questi temi. Con la consapevolezza che oggi ” inverare” la nostra Costituzione significa lottare per la pace e per il ripudio della guerra, far avanzare i diritti del lavoro, difendere i beni comuni, a partire dall’attuazione referendaria. Un impegno e una prospettiva rispetto alla quale penso che tutto il movimento per l’acqua saprà portare il proprio contributo a un tempo originale e solidale con tutti i soggetti che intendono muoversi in questa direzione.