Non si sa ancora chi sarà lo sfidante di Arauz, il candidato correista, al ballottaggio presidenziale dell’11 aprile in Ecuador. Pérez sembrava sicuro del secondo posto ma pochi seggi e alcuni voti di differenza tra conteggio rapido e manuale avrebbero ribaltato il risultato. I due contendenti e il quarto classificato, Hervas di Izquierda Unida, sembrerebbero orientati ad un accordo anti Arauz.

Ma sarà ben diverso, per l’elettorato di sinistra, la scelta da compiere in base a chi sarà il contendente che sfiderà il candidato corriesta.

Pérez e Lasso si sono incontrati e con il Consiglio Nazionale Elettorale hanno siglato un accordo di sei punti: revisione totale dei voti nella provincia di Guayas; riconteggio al 50% dei voti in 16 province; creare un istitutivo per applicare l’accordo; supervisione cittadina del sistema informatico con delegati delle due parti; finito il processo di revisione si avrà la proclamazione definitiva dei risultati; il processo sarà trasmesso integralmente nei canali ufficiali del CNE. Per l’ex presidente dell’Assemblea Costituente 2007-2008, Alberto Acosta, qualcosa però non ha funzionato nel processo elettorale.

Cosa ci dice il risultato del Pachakutik dell’Ecuador di oggi?
È un risultato storico. Mai prima d’ora un candidato promosso dal movimento indigeno ha ottenuto un risultato tanto importante. Io stesso mi candidai per l’Unità Plurinazionale di Sinistra: tutti i gruppi di sinistra, compreso il Pachakutik, e io presi il 3%. Ancora una volta, il movimento indigeno ci ha obbligati a fare esodo dai luoghi comuni e a mettere al centro dell’agenda politica la difesa della vita, dell’acqua, della natura, della democrazia e della giustizia sociale. Una proposta che supera la semplice polarizzazione tra corresisti e anticorreisti, tra onestà e corruzione, o la sola semplicistica retorica contro la corruzione.

Ci puoi spiegare chi è Yaku Pérez, perché alcuni lo pongono a sinistra, altri a destra?
La sua candidatura è emersa dal cuore del popolo e dalla lotta di resistenza. È emersa nel percorrere il Paese, in bicicletta, nel mezzo delle gravi difficoltà della pandemia, con scarse risorse economiche. Si scontra con il potere a più teste rappresentato dalla destra oligarchica così come da quella progressista. Questa candidatura affronta una campagna permanentemente sporca, fatta di paura, di razzismo, di mancanza di controllo da parte delle autorità elettorali. E ora che la volontà popolare, alle urne, aveva deciso che la candidatura di Yaku Pérez era quella che doveva andare al secondo turno, mostrando una posizione in conflitto esplicito sia con le forze della destra oligarchica sia con il correismo, si cerca di bloccarla.

Cosa sta accadendo con il riconteggio dei voti? Per te c’è stata una frode? Ne hai le prove?
È ovvio. C’è puzza di frode elettorale. Un numero esageratamente alto di voti ritardati, con cui viene modificato il risultato elettorale, è uno dei più grandi argomenti che dovrebbero destare almeno sospetti. I verbali con errori, dove il candidato Pérez viene registrato con zero voti in cantoni dove ha percentuali importanti. La mancanza di trasparenza nel controllo del conteggio o che un Funzionario elettorale agisca come rappresentante di un candidato banchiere o forse anche manipolazioni, trucchi nel sistema elettronico, sono fatti che consolidano un processo fraudolento nelle sue origini, nel suo sviluppo e nei presunti risultati finali.

Perché Correa e le destre hanno paura di Pérez?
A chi converrebbe negare la posizione politica di Yaku e persino la sua origine indigena? Ovviamente al correismo, che ha il terrore di affrontare Yaku al secondo turno perché disarma la sua presunta posizione di sinistra. Yaku viene dai settori popolari, non è il loro intermediario; Yaku ha vissuto la povertà e la fame, non le ha studiate dall’accademia; Yaku è stato un convinto difensore dei diritti della natura e non è un estrattivista come Correa; Yaku, come dozzine e dozzine di indigeni e indigene, è sopravvissuto alla repressione del correismo. I gruppi di potere sosterrebbero Yaku solo per sconfiggere il correismo, non perché si uniscono alle proposte di cambiamento del mondo indigeno.

Rigurgiti colonialisti hanno a che fare qualcosa con quel che sta accadendo?
È ovvio. Il razzismo che emerse con rinnovata forza quando il movimento indigeno, e ampi segmenti popolari, si sono sollevati contro le vandaliche misure della politica economica del governo Lenin Moreno, protestando in tutto il paese e in particolare a Quito, torna oggi a riaffiorare, ma questa volta arriva anche dall’ala correista con l’orchestrazione perversa dei gruppi progressisti