Sesto album d’inediti in poco meno di sette anni, Lauro è l’ultima fatica discografica, disponibile da oggi, del prolificissimo Achille Lauro, incasellabile creatura musicale dalle molteplici identità. A due anni di distanza da 1969, l’artista romano torna dopo due side project di cover usciti l’anno scorso – 1990 e 1920 – e, con grande sorpresa, sceglie di raccontare il suo universo in continua evoluzione optando per la spoliazione. Anziché l’eccesso di maschere, e di suoni, che ha un po’ soffocato le sue più recenti apparizioni/produzioni, giocando in sottrazione. A partire dalla copertina, che raffigura il famoso gioco dell’impiccato: «Era un mio quadro» racconta Lauro «Mi piaceva questa dicotomia fra infanzia e morte e inoltre, ogni lettera rappresenta un genere musicale rintracciabile nel disco».

TRATTEGGI essenziali dunque che si specchiano musicalmente nelle tredici tracce che compongono il disco «È stato un anno difficile per tutti e ho voluto far uscire qualcosa di buono da questo disastro. Scrivo tanto se ho qualcosa da comunicare e di oltre cento canzoni scritte, queste sono quelle che hanno più avuto bisogno di emergere» ci confida. I brani spaziano piacevolmente dal rock al pop, fino alle ballad dal sapore «vascorossiano» nella sua più nobile accezione – ovvero quando alle chitarre c’erano Massimo Riva e Maurizio Solieri. Ma è, come sempre, nei testi che Achille Lauro sfodera le sue carte migliori, slittando continuamente con l’identità di genere e assumendo, di volta in volta, il punto di vista del marciume della società.

COME in Femmina, brano che: «parla di una cosa pericolosamente comune, il maschio che si nasconde dietro la virilità e la violenza. Siamo figli di cent’anni di pessimi stereotipi. Sono molto vicino alle battaglie per i diritti umani in generale e non solo per la scelta di chi amare. Mi sembra assurdo che non sia una priorità». La tracklist regala perle di tormentata introspezione – la melodica Come me –, cavalcate romantiche come Stupide canzoni d’amore, e uno spudorato manifesto femminista, il nuovo singolo Marilù, che invoca la libertà e riappropriazione della bellezza dell’essere e non dell’apparire. «Come ogni mio progetto, Lauro è un disco fatto da artigiani, costruito mattone su mattone, concependo il fallimento come possibilità ma figlio di un’urgenza» dichiara Achille per poi svelare come il suo sguardo si sia posato anche sui suoi coetanei.

«HO SCRITTO Generazione X pensando ai trentenni di oggi» racconta «È una fotografia di gente che non crede nella Chiesa, nel matrimonio, nella famiglia. Si rifà al mondo degli irrisolti, dei fuori rotta, dei falliti. Siamo noi la nuova religione, la religione dell’irriverenza». Ma di irriverente, per fortuna, sembra esserci ben poco anche in un altro brano ’generazionale’, la ballad dalle chitarre distorte Solo noi, dove il cantautore romano dichiara, senza mezzi termini, di essere: «la voce della generazione senza età, che ha deciso che il genere, in qualsiasi forma, è un’idea superabile. Gridiamo di salvarci da noi stessi. Lo gridiamo a chi è disposto ad ascoltarci».