Qual è il modello di gestione del servizio idrico integrato che piace ai privati lo ha spiegato l’ad della Gori spa, Giovanni Marati, lunedì al convegno promosso dalla Uil Campania: gli investimenti li pagano gli enti pubblici, il costo del lavoro si deve tagliare con l’aiuto dei sindacati, tutte le spese vanno coperte in bolletta in base al full recovery cost. Le spese le decide l’azienda, dove il socio privato Gori, cioè l’Acea di Caltagirone, convive con un cda lottizzato, un tanto a partito: una casella a Fratelli d’Italia, due a Forza Italia, una al Pd e la presidenza ad Amedeo Laboccetta, braccio armato di Nicola Cosentino in Fi.

La spa diviene nel 2002 gestore del Servizio idrico integrato nei 76 comuni dell’Ato3 Sarnese-Vesuviano. Ai cittadini la gestione non piace ma in regione nessuno fa una piega. Neppure quando i rubinetti vengono chiusi in alcuni comuni perché l’acqua è inquinata da fluoruro e arsenico. Poi nel 2013, alla vigilia della presentazione del dl sul riordino del Sii da parte dell’assessore Giovanni Romano, la regione sfodera due delibere. Leggendo la numero 171 si scopre che in dieci anni la Gori non ha mai pagato la fornitura di acqua all’ingrosso, un debito a tutto il 2012 pari a 218.924.474 euro, né il servizio di collettamento e depurazione delle acqua reflue, pari a 53.498.543 euro. Con la 171 la regione cancella 70 milioni dal debito, il resto lo spalma su 20 anni, i primi dieci senza interessi. Nel resoconto dell’audizione del 22 novembre 2013 il direttore generale per l’ambiente e l’ecosistema della regione, Michele Palmieri, dichiara: «Fino a oggi, il 2013 che era il primo anno in cui avrei dovuto incassare il corrente, non l’ho incassato». La transazione vale solo se chi ha avuto lo sconto si mette in regola e paga ma la Gori i soldi se li tiene in cassa, così viene aperto un nuovo tavolo di trattative.

Lo stesso giorno la regione fa una seconda delibera, la 172. In base alla legge Galli, gli impianti di sollevamento delle acque e depurazione (di proprietà regionale) devono essere affidate al gestore individuato dall’Ato senza alcun esborso. Un passaggio rimasto lettera morta, così 420 dipendenti di 20 imprese hanno continuato a lavorare attraverso il meccanismo della somma urgenza. Un documento del 2007 attesta l’accordo tra l’allora assessore Nocera e le organizzazioni sindacali: «I lavoratori, nel momento del trasferimento ai nuovi soggetti pubblici o privati, vengono tutti contestualmente trasferiti». A novembre 2013 la clausola di salvaguarda dei livelli occupazionali scompare dalla delibera 172 che regola il passaggio delle strutture, anche perché i cda Gori hanno continuato ad autorizzare assunzioni. «Gli impianti sono vecchi – spiega Giovanni De Stefano, responsabile Fiom del settore sollevamento acque e depuratori –, la regione ci ha pagato nelle ultime settimane per ripararli in modo da passarli alla Gori già sistemati prima di buttarci tutti per strada». De Stefano il 10 febbraio ha presentato un esposto in procura con tutti i nodi della gestione Gori, così si scopre che il piano d’ambito del 2000 prevedeva investimenti in cinque anni pari a 1.025 miliardi di lire ma ad oggi la Gori ha impiegato solo 160 milioni di euro. La bizzarria delle due delibere fatte lo stesso giorno per lo stesso soggetto, invece di una sola, trova la sua ratio se si considera che per la seconda la Gori ha fatto ricorso al Tar: tempi di consegna degli impianti e costi di gestione non le sono sembrati abbastanza favorevoli.

La Spa si lamenta anche delle tariffe: secondo Marati troppa burocrazia e controlli ne impediscono l’applicazione in modo omogeneo generando debiti. Marati non dice che le bollette sono sempre aumentate, gli ultimi rincari nel 2011 (15%) e nel 2013 (13,4%). Secondo M5S, dal 2007 al 2013 la percentuale supera il 40% con punte del 70 sulla tariffa agevolata. La Gori si prepara a concorrere a gestore prevalente, cioè colui che in base al dl Romano finirà per accentrare la gestione del nuovo Ato2 (4milioni di abitanti sui 6 totali). Mercoledì prossimo è prevista un’audizione in commissione sul tema, invitati anche padre Alex Zanotelli e i rappresentati dell’Istituto italiano studi di politica ambientale, Legambiente, Coordinamento campano acqua pubblica, che hanno depositato una loro proposta per tenere il servizio in mani pubbliche.