Nel Movimento 5 Stelle non si placa lo scambio di accuse tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio. «Siamo una comunità grande e in cui ciascuno, a partire dal suo presidente, deve rendere conto del suo operato davanti agli iscritti», dice il capo politico. Ma al di là delle consultazioni online, che in qualche misura ancora puntellano le decisioni dei vertici, non è affatto chiaro il modo in cui l’attuale statuto consenta agli iscritti di esprimersi o di potersi confrontare. Esiste la possibilità della sfiducia al capo politico, da votare online su proposta del comitato di garanzia di cui lo stesso Di Maio è parte assieme a Virginia Raggi e Roberto Fico.

RISPONDENDO al ministro degli esteri circa il «fallimento di alcuni leader», Conte accusa il ministro degli esteri di non aver giocato a carte scoperte. «Se Di Maio parla di fallimento, se Di Maio ha delle posizioni, le chiarirà perché lui era in cabina di regia, come ministro l’ho fatto partecipare. Avrà modo di chiarire il suo operato e la sua agenda», prosegue Conte. È ancora più esplicito il vice Mario Turco. «Sapevamo che avremmo dovuto superare ostacoli nelle altre forze politiche – dice Turco – Non sapevamo però della contrarietà di qualcuno non manifestata all’interno della cabina di regia». Sono parole che confermano la descrizione circolante da mesi in pezzi del M5S, con Di Maio accusato di tramare nell’ombra. La replica arriva a stretto giro: è come se una delle famigerate chat grilline avesse traslocato nello spazio pubblico per dare il via alla resa dei conti. «Decisioni in cabina di regia? – domanda polemico Di Maio – Non si è mai parlato di fare annunci roboanti su presunti accordi raggiunti con Pd e Lega. Non si provi a scaricare le responsabilità su altri».

LO SCONTRO, insomma, converge ancora sulla serata convulsa di giovedì, quella dell’annuncio gemello Conte-Salvini sulla «presidente donna» e il tweet di Beppe Grillo con il nome di Elisabetta Belloni. «Abbiamo avuto una struttura bilaterale di incontri – spiega Conte rigettando ogni ipotesi di intesa gialloverde – In questo contesto mi sono confrontato direttamente con Salvini». E ancora: «I rapporti con il Pd per quanto mi riguarda sono ottimi, con Letta ci siamo sentiti anche stamattina, quindi nessun equivoco: la nostra linea politica, l’asse con il Pd, non cambia».

DOPO LE SPIEGAZIONI fatte circolare nei giorni scorsi dai contiani per sostenere che il nome di Belloni era concordato e che sono stati renziani e dem a far saltare l’intesa, da ieri trapelano le versioni dei fatti del Pd e degli eletti vicini a Di Maio. Sono ricostruzioni tutt’altro che tenere con i vertici 5 Stelle: «C’è stata una vergognosa dinsinformazione di spin M5S e Lega, ancora una volta alleati per inquinare i pozzi. Si accredita la versione che Conte abbia parlato a nome anche di Pd e Leu». Resta da capire se la faccenda verrà (come auspicano alcuni) disinnescata e ridotta e sbavatura mediatica, a errore comunicativo dettato da giorni convulsi, oppure se investirà direttamente i rapporti di fiducia tra i vertici grillini e tra gli stessi alleati.

ENRICO LETTA, tuttavia, dribba ogni polemica esplicita, dice di volere evitare di commentare le beghe interne ai 5 Stelle e conferma di rapportarsi con Conte, quasi a rispondere alle critiche sulle diplomazie parallele di Di Maio.

CONTE INCASSA anche il supporto del fuoriuscito Alessandro Di Battista, che nei giorni scorsi aveva dichiarato che se fosse stato in parlamento avrebbe votato per il pm Nino Di Matteo, candidato di bandiera degli ex 5 Stelle. «Da anni è necessaria una riflessione politica all’interno del M5S – afferma Di Battista – Ma è vigliacco mettere oggi sul banco degli imputati l’ultimo arrivato che al netto di idee diverse su alcune questioni considero persona perbene e leale». Conte incassa, ricambia i complimenti e apre all’ex deputato: «Di Battista è un componente storico del M5S se si potesse riaprire un rapporto con lui a me farebbe piacere – dice – Mi fa piacere il suo apprezzamento: è una persona intelligente che esprime delle opinioni e con il quale il dialogo c’è sempre stato».