Tutto tace, o quasi, sul fronte politico. Ma la giornata di calma nasconde le tensioni che sono state disseminate nel corso della settimana. All’indomani delle tensioni sulla spesa militare, il Movimento 5 Stelle riparte proprio da uno dei suoi temi identitari: la restituzione di parte dello stipendio dei parlamentari. La prassi, seppur in forma meno onerosa per gli eletti, è sopravvissuta anche al nuovo corso di Giuseppe Conte. Ieri i capigruppo hanno annunciato la devoluzione di 2,7 milioni di euro ad associazioni e organismi di volontariato. Conte ne ha approfittato per marcare la differenza con gli altri partiti.

Intanto, il ministro per i rapporti col parlamento Federico D’Inca, che ha fama di moderato, prova ridefinire così il dibattito nella maggioranza e la posizione del suo partito: «Conte ha chiesto rispetto per la prima forza politica del parlamento, che ha sempre avuto una grandissima responsabilità in questi anni. Ma non abbiamo neessuna intenzione di mettere in discussione il governo», dice D’Incà.

Ma i 5 Stelle si sentono sotto attacco e hanno intenzione di tenere botta. Il clima, calendario alla mano, non è ideale per una maggioranza che entro giugno dovrebbe approvare le riforme annunciate. Quella della giustizia e quelle richieste dal Pnrr: il dl concorrenza la revisione del catasto nella delega fiscale.

Dalle pagine social di Base riformista del Partito democratico arrivano bordate che non passano inosservate. «Ci attaccano parlando di ‘bugie da cialtroni’- afferma Riccardo Ricciardi, deputato e vicepresidente del M5S – Gli consigliamo di prendere ripetizioni da Romano Prodi». Ricciardi fa riferimento all’intervista rilasciata a Piazza Pulita dall’ex presidente del consiglio e della commissione europea. Prodi ha sostenuto che aumentare su base nazionale la spesa militare senza che prima sia stata definita una politica europea comune sulla difesa è pericoloso. Bisogna anche dire che quando gli è stato chiesto che ne pensasse della posizione di Conte, Prodi ha risposto che lui pensa che la questione vada guardata da un altro punto di vista rispetto a quello scelto dai protagonisti del dibattito in questi giorni, cioè appunto quello della difesa comune.

I territori sono in controtendenza: la mappa delle amministrative di giugno dice che 5Stelle e Partito democratico stanno definendo accordi praticamente dovunque «L’alleanza con il Movimento 5 Stelle alle elezioni amministrative è solida – dice il responsabile autonomie territoriali del Pd Francesco Boccia – Noi ci siamo messi sulle spalle, come è già successo per le regionali del 2020 e per le amministrative del 2021, le ragioni dell’alleanza. Al momento abbiamo chiuso in quasi tutte le venticinque città capoluogo tra province e regioni». Ciò avviene anche a discapito di pezzi dei dem che se ne vanno. In almeno due città (Taranto e Catanzaro), il centrodestra candida esponenti Pd che hanno appena lasciato il partito.