Al termine di un lungo fine settimana di trattative e mobilitazioni è finalmente chiaro cosa succederà ai 182 ospiti del Palanebiolo. Una palestra appartenente all’Università di Messina, situata in un quartiere residenziale nella zona nord della città dello stretto, che dal nove ottobre scorso è stata trasformata in un centro d’accoglienza per richiedenti asilo. Un luogo di transito, in realtà, messo in piedi in fretta e furia all’indomani dell’ennesima tragedia accaduta a largo di Lampedusa, in un autunno che ha visto moltiplicarsi gli sbarchi di migranti e di profughi sulle coste siciliane e l’esaurimento di tutti i posti disponibili nelle strutture d’accoglienza esistenti.

Il sindaco Renato Accorinti, alla fine di una faticosa riunione di giunta, ha firmato ieri un provvedimento di requisizione in uso del villaggio turistico Le Dune, nei dintorni di Capo Peloro. Una struttura che era stata individuata per tempo dall’Amministrazione Comunale come valida alternativa all’ospitalità in palestra o in tendopoli ma che, fino a ieri, era stata bocciata dal Prefetto di Messina perché ritenuta non idonea a causa di un processo per abuso edilizio a carico della proprietà. L’escamotage individuato dal sindaco di Messina e dai suoi collaboratori per superare l’ostacolo è stato il richiamo alle «ragioni di necessità e urgenza» previste da una legge del 1865 in materia di requisizioni. Una norma che consente di «far prevalere il bene pubblico della risoluzione dell’emergenza su quello, altrettanto valido, ma, nella fattispecie recessivo, del ripristino dell’astratta legalità» consistente nell’evitare di recare vantaggio a una proprietà condannata per abuso edilizio.

Mentre scriviamo è in corso la valutazione di idoneità della soluzione individuata da Accorinti- che intanto ha ottenuto il via libera dalla Procura della Repubblica- da parte dei funzionari dell’Ufficio territoriale del Governo. Se tutto andrà come previsto, i richiedenti asilo potranno raggiungere presto il villaggio turistico lasciando finalmente il Palanebiolo. Sono quasi tutti giovani e giovanissimi, provenienti da diversi paesi africani – prevalentemente del Corno d’Africa, ma anche dal Gambia, dalla Nigeria e da altri paesi dell’Africa occidentale sub sahariana.

Fino ad oggi hanno vissuto in un regime che gli attivisti delle associazioni antirazziste locali hanno definito di «semidetenzione». Possono uscire infatti dalle otto del mattino alle venti, mentre passano le notti e consumano i pasti stipati in uno spazio insufficiente ad assicurare loro un soggiorno dignitoso, in condizioni igienico sanitarie più che precarie, come si è potuto evincere dallo stato fisico di alcuni di loro visitati dai medici delle associazioni di volontariato che hanno riscontrato e denunciato diversi casi di malattie infettive, ferite d’arma da fuoco malcurate ed altre situazioni decisamente incompatibili con la struttura dove i servizi essenziali sono ridotti all’osso. Il prefetto di Messina, Stefano Trotta, ha sempre fornito rassicurazioni sulle condizioni di permanenza dei profughi all’interno del Palanebiolo. Le fonti interne all’ufficio territoriale del governo e all’Azienda sanitaria provinciale parlano di «farmaci giunti nella struttura fin dal primo giorno» e di «controlli sanitari tempestivi e rigorosi». I toni concilianti, tuttavia , sembrano avere pochi riscontri nella realtà. Ci sono le denunce dei volontari , ma anche i racconti dei ragazzi. «L’acqua corrente non basta», «ci sono solo tre bagni» per 182 persone. Verificare di persona è stato finora pressoché impossibile per le restrizioni sugli accessi per volontari e giornalisti. «Abbiamo aspettato un mese per avere un pass» ha denunciato il circolo Sankara dell’Arci, una delle realtà messinesi più vive sul terreno della tutela di migranti e richiedenti asilo.
Un mese di tira e molla durante il quale mai è stata veramente chiarita la natura giuridica del centro – si è passati da una cinquantina di naufraghi alle attuali 182 presenze – e tutto lascia pensare che quello che era nato come un punto d’appoggio assolutamente provvisorio sia nei fatti per diventato un non luogo destinato a raccogliere a tempo indeterminato un numero crescente di persone. Il 13 novembre scorso la gestione dello spazio è stata affidata dalla Prefettura di Messina ad un raggruppamento di imprese (Senis Hospes, la Cascina global service, Sol. Calatino) che da anni partecipano all’amministrazione di centri di detenzione per i migranti, mentre nello scorso fine settimana è stata resa operativa la decisione – più volte in verità annunciata- di affiancare al Palanebiolo una tendopoli nell’adiacente campo di baseball.

Questa novità ha dato nuovo slancio alla mobilitazione del movimento antirazzista messinese, che ha manifestato più volte la propria indignazione per una situazione in cui le preoccupazioni securitarie del ministero dell’interno hanno finito per oscurare ogni altra considerazione di carattere umanitario. Ma la rete di soggetti che si è formata sulla questione Palanebiolo (Arci, teatro Pinelli Occupato, Cub, Rifondazione, Sel, Movimento cambiamo Messina dal basso, la lista civica vicina al sindaco Accorinti) ha fatto diverse proposte concrete, fra cui quella della requisizione del resort «Le dune».

L’amministrazione comunale di Messina ha fatto proprie le ragioni delle associazioni e dei movimenti. «E’ inaccettabile – ha dichiarato il sindaco Renato Accorinti – che nella nostra città possa sorgere un campo profughi indegno di un paese civile e accogliente quale dovrebbe essere l’Italia. Abbiamo fatto presente al prefetto Trotta la nostra ferma contrarietà alla tendopoli, pensando allo stesso tempo ad individuare ogni possibile soluzione di accoglienza dignitosa».

Si è giunti così alla riunione di avant’ieri del Consiglio territoriale per l’immigrazione, che si è svolta in un clima teso, in cui le posizioni della prefettura e dell’amministrazione comunale – nettamente contrapposte – si sono confrontate senza giungere ad un punto di incontro, mentre gli ospiti del Palanebiolo e gli attivisti antirazzisti hanno dato vita ad un colorato e rumoroso sit in sotto le finestre del palazzo del governo.

Al centro di quello che, al di la delle intenzioni soggettive, si è configurato come un vero e proprio scontro istituzionale fra comune e prefettura, c’è stata la ricerca di un luogo idoneo ad ospitare i rifugiati in condizioni dignitose in grado però di superare le obiezioni delle autorità di governo in materia di legalità e sicurezza. La vicenda giudiziaria che riguarda il complesso Le Dune, secondo il prefetto Trotta, avrebbe pregiudicato la sua idoneità ad ospitare i richiedenti asilo. La soluzione individuata dall’amministrazione comunale peloritana dovrebbe adesso mettere la parola fine alla querelle, anche se si registrano osservazioni critiche molto pesanti da parte dell’attivismo antirazzista e solidale a proposito della scarsa propensione al dialogo con il sindaco e la società civile da parte dei funzionari del governo.

Su quest’ultimo punto è intervenuto anche il deputato nazionale di Sel Erasmo Palazzotto che ha rivolto un interrogazione ai ministri Alfano, Mauro e Lorenzin «sulla reale natura giuridica del Palanebiolo e sulle possibili alternative di accoglienza nel rispetto dei diritti umani» mentre il movimento antirazzista siciliano si prepara a scendere in piazza a Messina con una manifestazione prevista per il prossimo 14 dicembre.