Pace fatta e accordo ritrovato all’interno della maggioranza di governo, per il momento, sulla prescrizione. I democratici fanno dietrofront e tornano a trattare sull’allungamento dei termini che nel ddl approvato a fine marzo alla Camera – con grande disappunto di Alfano – venivano dilatati per tutti i reati e non solo per quelli contro la pubblica amministrazione. L’inversione di rotta avrà luogo in Senato, dove però per trovare la quadra c’è bisogno di istituire un «tavolo tecnico».

È il patto suggellato ieri in via Arenula nell’incontro tra il Guardasigilli Andrea Orlando, il viceministro Enrico Costa, il responsabile Giustizia del Pd David Ermini, il presidente dei senatori di Ap Renato Schifani e il capogruppo in commissione Senato Nico D’Ascola. Di contro, il Ncd seppellisce l’ascia di guerra alla Camera e rispetta la blindatura renziana del ddl anticorruzione in modo da farlo approvare in via definitiva – in Aula probabilmente già mercoledì prossimo – «così com’è uscito dal Senato».

Perché «i corruttori sono i peggiori peccatori», ha sottolineato ieri anche il capo dello Stato Sergio Mattarella citando le «parole di fuoco di Papa Francesco che condivido». È «un fenomeno che avvertiamo diffuso» e che «ci fa indignare», ha aggiunto il presidente rispondendo alle domande dei giovani al Sermig di Torino, «come se ci fosse una sorta di concezione rapinatoria della vita».

E dunque, l’accordo sulla prescrizione raggiunto ieri nella maggioranza, di cui Orlando si dice «assolutamente soddisfatto», consente al Pd, come ha ricordato lo stesso Guardasigilli, «di approvare le norme anticorruzione prima delle elezioni regionali, come ci eravamo impegnati a fare e come è giusto fare».

E come è necessario fare soprattutto in Campania, dove la partita si gioca tutta sulla presentabilità delle liste.

Ma il ddl che ha superato indenne il vaglio della commissione Giustizia della Camera, oltre a reintrodurre il falso in bilancio aumenta decisamente le pene per i reati di corruzione portandole a 6-12 anni di reclusione, e in caso di particolari conseguenze dell’illecito anche fino a 14 anni e oltre. Di conseguenza, e per effetto del ddl sulla prescrizione, i termini di decadenza di questo tipo di reati contro la Pa possono arrivare fino a 21 anni, essendo computati sulla base della pena edittale massima aumentata della metà.

«Tempi troppo lunghi che avrebbero avuto riflessi sulla ragionevole durata dei processi», è il punto di vista di D’Ascola.

Condiviso però anche dai penalisti italiani, il cui presidente Beniamino Migliucci plaude al ripensamento del Pd ma si augura che «la riduzione dei termini avvenga per tutti i reati, riformando le sospensioni dopo le sentenze di primo e secondo grado».

Una richiesta già bocciata in partenza, perché Ermini spiega che il compito del tavolo tecnico sarà quello di tentare un’armonizzazione dei due provvedimenti, corruzione e prescrizione, per cercare «un maggiore equilibrio ed un aumento dei termini», mantenendo però «l’impianto del testo sulla prescrizione integro», con «le sospensioni di due anni e un anno dopo le condanne in primo grado e in appello».

E invece i penalisti insistono «perché venga dato un termine serio alle indagini preliminari, dove matura la gran parte delle prescrizioni».