Dopo la ripresa di Ghouta est, il governo siriano aveva annunciato la successiva offensiva: i sobborghi a sud di Damasco, il campo profughi palestinese di Yarmouk, Hajar al-Assuad e Babila, dal 2015 occupati dallo Stato islamico, ancora presente nel cuore della nazionae.

Ieri, dopo raid notturni e un ultimatum di 48 ore, l’Isis ha accettato la resa: lo rendono noto media locali, vicini al governo, tra cui al-Mayadeen, tv libanese legata al movimento sciita Hezbollah. Si avvicina così la liberazione di Yarmouk, campo considerato la «capitale» della diaspora palestinese, ridotto alla fame e svuotato: dei 180mila abitanti originari ne restano circa 5mila.

L’accordo, dice l’emittente, prevede «l’uscita di tutti i combattenti di Daesh, Fronte al-Nusra e altre fazioni più piccole dalla Ghouta occidentale», come viene chiamata l’area. «I miliziani di Daesh, circa 1.200, lasceranno la cittadina di Hajar al-Assuad e il campo di Yarmouk verso la provincia orientale». Ovvero verso Deir Ezzor, città del nord-est siriano, in parte ripresa dal governo ma dove sono ancora presenti sacche legate allo Stato Islamico.

Al confine con l’Iraq, dunque, per anni poroso punto di transito di armi e uomini, che ieri il governo di Baghdad ha bombardato: dietro coordinamento con Damasco l’aviazione irachena ha compiuto alcuni raid aerei contro postazioni dell’Isis in territorio siriano.

Diversa la destinazione dei qaedisti di al-Nusra: la provincia occidentale di Idlib, bubbone jihadista dove sono stati trasferiti i vari gruppi islamisti a seguito degli accordi di evacuazione raggiunti con Damasco.

Sarebbero invece diretti a Jarabulus (città di confine tra Siria e Turchia, nella regione a maggioranza curda di Rojava) i 1.500 miliziani di Jaysh al-Islam che ieri hanno lasciato a bordo di 21 autobus la cittadina di al-Dumayr, est di Damasco. Uscita in sicurezza in cambio di armi pesanti, veicoli militari, cannoni e sistemi lancia-missile, un equipaggiamento significativo che si spiega con i ricchi finanziamenti da parte dell’Arabia saudita, primo sponsor di Jaysh al-Islam.

Il gruppo, fino a due settimane fa leader di Douma, la principale città di Ghouta est, nel sobborgo damasceno aveva messo in piedi un articolato sistema militare. Lo mostrano in questi giorni i reportage, i video e le foto dei giornalisti occidentali ammessi in Siria, tra cui Robert Fisk. Una rete di tunnel, laboratori e magazzini di armi.

E, dicono i russi, armi chimiche: secondo il ministero degli Esteri di Mosca, sono stati ritrovati contenitori di cloro di produzione tedesca e candelotti prodotti a Salisbury (la città dove sarebbe stata avvelenata la ex spia britannica Skripal).