L’Egitto è Paese dai due volti, in questi giorni rappresentanti alla perfezione dal sit-in di 2.300 operai per stipendi dignitosi e dalla calda accoglienza che il presidente al-Sisi ha riservato a Mohammed bin Salman, erede al trono saudita.

La visita del principe (a 20 giorni dalle elezioni) è stata anticipata dall’annullamento da parte della Corte Suprema egiziana delle sentenze che impedivano al Cairo di cedere le isole di Tiran e Sanafir a Riyadh. E proprio le due isolette sul mar Rosso sono state oggetto degli accordi miliardari firmati: il ponte Re Salman (4 miliardi di dollari) per aumentare i flussi turistici; Neom, città da 26.500 km2 e 500 miliardi che sorgerà tra Giordania, Egitto e Arabia saudita; e un oleodotto che, via Tiran e Sanafir, arriverà sul Mediterraneo.

Riyadh lega a sé a doppio filo Il Cairo anche con la sua compagnia Aramco che fornirà al’Egitto mezzo milione di barili di greggio al mese. Il tutto condito da un fondo di investimenti comune da 16 miliardi di dollari per finanziare una serie di infrastrutture energetiche.

Scompare, in tale contesto, la protesta (giunta ormai al settimo giorno) di 2.300 operai della National Cement Company, ferma da novembre a causa di un buco di bilancio da 11 milioni di dollari che i lavoratori imputano alla corruzione interna. I loro stipendi, pari a 282 euro al mese grazie ai bonus mensili, sono dimezzati, 120 euro. (chi.cru)