L’asse Mosca-Tehran diventa sempre più solido. Complice la crisi in Ucraina, insieme allo scetticismo di repubblicani negli Usa e radicali in Iran sulla soluzione pacifica del contenzioso nucleare, gli ayatollah stanno negoziando un contratto nel settore energetico con la Russia dal valore compreso tra gli 8 e i 10 miliardi di dollari. Secondo il contratto, la Russia dovrebbe esportare 500Mw di elettricità in Iran e dovrebbe costruire nel paese centrali termo e idroelettriche e reti di trasmissione.

Proprio nei giorni scorsi, gli Usa si sono espressi contro ulteriori accordi miliardari tra Mosca e Tehran. Secondo Washington, si configurerebbe una violazione delle sanzioni internazionali imposte all’Iran. Nonostante lo scorso 24 novembre sia stato siglato a Ginevra un accordo preliminare tra Tehran e P5+1 (membri del Consiglio di sicurezza e Germania), non è stata ancora firmata l’intesa definitiva e rimangono in vigore le misure internazionali contro Tehran. Il ministro russo dell’Energia Novak è volato in Iran per discutere i dettagli dell’accordo con il suo omologo, Hamid Chitchian.

Quest’ultimo ha sottolineato «la necessità di espandere i rapporti economici tra Tehran e Mosca, soprattutto in ambito energetico e commerciale». Lo scorso febbraio, l’Iran aveva firmato un accordo da 20 miliardi di dollari con Mosca, per lo scambio di petrolio iraniano, pari a 500mila barili al giorno per tre anni, in cambio di merci e prodotti industriali russi. Il ministro del Petrolio, Ali Majedi, ha aggiunto che l’Iran è pronto ad esportare gas naturale in Europa «attraverso Turchia o altre rotte». D’altra parte, crescono i flussi turistici verso l’Iran, oltre il 150% nel mese di aprile, secondo il direttore del Centro governativo per il turismo, Massoud Soltani-Far.

Questo incremento, prodotto dalla distensione con la comunità internazionale e da procedure semplificate per i visti, sta mettendo a dura prova la capacità ricettiva del settore. Ma a Tehran, impazzano le polemiche per la riduzione dei sussidi. L’iniziativa, promossa dal presidente moderato Rohani che aveva prodotto un aumento del 75% dei prezzi della benzina, continua a fomentare le critiche dell’elettorato moderato. Rohani è apparso sugli schermi della tv pubblica per giustificare la scelta del governo tecnocrate. Il presidente ha insistito sull’esigenza dei tagli alla spesa pubblica, per evitare una crisi energetica. «Sappiamo che l’utilizzo di gas da parte dei cittadini iraniani è due volte superiore rispetto alla maggior parte degli altri paesi», ha spiegato il presidente, aggiungendo che se il governo non avesse riformato il sistema dei sussidi, l’Iran sarebbe andato incontro a una crisi che avrebbe portato alla carenza di «combustibile per il riscaldamento».

Rohani ha insistito sulla necessità di una riforma del sistema sanitario che estenda l’assicurazione esistente. Il presidente moderato, sul suo account Twitter, ha ribattezzato l’iniziativa «RohaniCare».
Ma a quasi un anno dall’elezione del pupillo di Rafsanjani i cambiamenti per le opposizioni sembrano insignificanti in Iran. Sul tema è intervenuto l’ex presidente, il riformista Mohammad Khatami, chiedendo la scarcerazione immediata dei detenuti politici Mir Hossein Mussavi e Mehdi Karrubi (trasferito nella sua abitazione lo scorso febbraio, ma ancora agli arresti domiciliari). Il ministro della Cultura, Ali Jannati è stato criticato proprio per aver visitato Khatami, contestato dai radicali, e per la sospensione del giornale, vicino agli ultra conservatori, 9 Day Press.