A settembre il Viminale inviò in missione in provincia di Reggio l’organismo di controllo per le verifiche e il monitoraggio sulla gestione dell’accoglienza dei migranti richiedenti asilo. I tecnici del ministero visitarono prima il centro di Roccella Jonica, che ha una convenzione con il comune, e poi l’Hotel Excelsior di Gambarie d’Aspromonte, dove alloggiano un centinaio di africani L’obiettivo era controllare la qualità dei servizi, i livelli di assistenza e accoglienza, la gestione contabile nei centri governativi, soprattutto di accoglienza temporanea. «Tutto bene» dissero gli ispettori.

Di tutt’altro avviso i profughi di Gambarie che lamentavano le vessazioni subite, l’isolamento e il freddo pungente lassù a 1300 mt di altitudine. Stanchi di subire soprusi, i giovani africani occuparono un’ala dell’albergo: «Dall’Italia pretendiamo di più, vogliamo subito più diritti» dissero.

La rivolta scoppiò in autunno e fu sopita con la promessa di un miglioramento delle condizioni di vita e di alloggio. Ma da allora poco è cambiato. C’è un nuovo ministro degli Interni, il reggino Marco Minniti, e a 20 migranti ospiti presso la struttura di Gambarie è stata notificata a fine gennaio la revoca della misura di accoglienza. Da un primo esame dei documenti e dall’ascolto delle testimonianze, tale atto è parso illegittimo agli antirazzisti. «Sembra più che altro una ritorsione per la rivolta di ottobre» hanno ribattuto.

E così oltre a fare ricorso contro la revoca, il Co.S.Mi. (Comitato Solidarietà Migranti) e i mediattivisti di LasciateCIEntrare nei giorni scorsi hanno affiancato l’onorevole Celeste Costantino (Si) in un blitz a sorpresa al Cas di Gambarie. «Ci siamo ritrovati di fronte un quadro desolante, per certi versi raccapricciante. Le testimonianze parlano di un contesto di accoglienza fatto di soprusi, vessazioni, ricatti, minacce, punizioni. Non è un caso che uno dei ragazzi, fino a pochi giorni fa ospite della struttura (oggi ricollocato altrove sul territorio calabrese ndr), abbia paragonato la condizione vissuta a Gambarie a quella delle carceri libiche».

Le testimonianze sono concordi e raccontano di medicinali non somministrati a chi ne avrebbe bisogno, spesso come forma umiliante e crudele di punizione per aver denunciato all’esterno alcune mancanze nella gestione dell’accoglienza così come realizzata dal personale dell’albergo. O ancora, i termosifoni lasciati spenti, l’acqua corrente quasi mai calda, molti ragazzi hanno raccontato di non potersi lavare da giorni. La notte, inoltre, alcuni verrebbero chiusi a chiave nella struttura.

«Ma è il clima generale della struttura, incentrato su una forsennata caccia alle streghe contro i migranti che criticano le pessime condizioni del Cas a preoccuparci e a imporci di vigilare in maniera continua sullo stato effettivo dell’accoglienza nel nostro territorio, a Gambarie e non solo» esclamano gli attivisti. «È inaccettabile – proseguono – che i responsabili di una struttura deputata all’accoglienza dei migranti, e che per questo motivo riceve finanziamenti pubblici importanti, governi la situazione col terrore, dato che molti ragazzi anche in occasione della nostra visita avevano paura di essere visti o addirittura fotografati nel momento in cui parlavano con noi».

Ricapitolando: a Gambarie chiamano centro d’accoglienza un albergo fatiscente, i migranti respirano la muffa, subiscono minacce e non ricevono cure. Ma per ogni migrante i proprietari dell’albergo prendono 35 euro al giorno dalla prefettura, ovvero 120mila al mese, 800mila da luglio.