“O bere o affogare” è il commento più ricorrente sui siti web locali, dopo il via libera dei lavoratori all’accordo che, nei fatti, battezza la nascita di Aferpi: Acciaierie e ferriere Piombino. Il “sì” di operai, impiegati e quadri era scontato, appena dodici mesi fa veniva spento (dal governo) l’altoforno, e con quello l’ultima possibilità di tenere in vita il secondo polo siderurgico italiano dopo Taranto. Poi è arrivata l’algerina Cevital di Issad Rebrab, il cui core business è l’agroalimentare ma che ha visto in Piombino e nella Val di Cornia, anche grazie a un accordo di programma per la reindustrializzazione dell’area e il rilancio delle attività portuali, l’ideale trampolino di lancio per entrare nel vecchio continente.

La riconversione della cittadella dell’acciaio non sarà un pranzo di gala. Il piano di Cevital prevede di costruire ex novo due forni elettrici a Ischia di Crociano. Mentre nell’enorme area occupata dalla ex Lucchini, a due passi dal centro di Piombino, saranno realizzati un polo agroalimentare, e sfruttati i terreni sul mare per la logistica portuale. Tutti progetti in divenire. Nell’immediato funzioneranno solo i laminatoi già esistenti, per farli funzionare Cevital assumerà in Aferpi solo 1.080 dei 2.160 addetti diretti della ex Lucchini. La metà esatta. Per gli altri resta la cig a zero ore della ex Lucchini (800 euro al mese), anche se nell’accordo è stato messo nero su bianco l’obiettivo della “integrale salvaguardia dell’occupazione”.

Anche per chi resterà al lavoro non saranno rose e fiori. Il lavoro ai laminatoi sarà a rotazione in solidarietà. Con i nuovi contratti di Aferpi che assicurano solo il minimo tabellare del ccln metalmeccanico. Niente discussioni sull’integrativo, almeno per i prossimi tre anni, e nessuno scatto di anzianità. Si salvano la maggiorazione del 25% per il turno di notte 22-06, e le vecchie qualifiche di ogni singolo addetto. Fatti due conti, già nel corso della discussione la Fiom aveva osservato: “Con questi salari (circa 1.200 euro, ndr) pensate davvero di far ripartire l’economia della Val di Cornia?”.

O bere o affogare. Al momento del voto, più di un terzo degli addetti non si è presentato alle urne. Gli altri (1388 su 2160, il 62%) hanno dato in stragrande maggioranza l’assenso (1266 sì, il 91,6%), pochissimi i no (115, l’8,3%) e con sette schede nulle e bianche. “E’ un accordo difensivo, certo – tira le somme Sandro Pasotti, coordinatore siderurgia Fim – ma che serve a garantire un futuro”. A ruota Guglielmo Gambardella che coordina la Uilm: “Ci saranno ancora sacrifici. Ma il piano può dare risposte, e richiederà il massimo impegno di azienda, istituzioni e sindacato”.

Mauro Faticanti, responsabile Fiom della siderurgia, non voleva la moratoria di tre anni sull’integrativo. Uno scoglio superato, sul punto, con la sola firma della triplice territoriale: “Ma quando ci sarà la prima colata il sindacato contratterà. E vigilerà su tutto, ad esempio la sicurezza. Staremo addosso anche al governo, perché se non darà corpo agli impegni sul prezzo dell’energia, per l’azienda sarà impossibile guadagnare e quindi tornare anche a parlare di premi di produzione e di risultato”.

I sindacati attendono anche il piano di Cevital per avviare bonifiche e demolizioni nella vecchia area a caldo. Vincenzo Renda della Uilm piombinese avverte: “Servirà la formazione. E sulle bonifiche è giusto un equilibrio fra chi è in cig e chi è senza tutele come i lavoratori dell’indotto”. Che sono un altro migliaio. Messi peggio di tutti.