La cultura rappresenta un driver per lo sviluppo sostenibile ed è determinate per affrontare le pressioni e i bisogni economici, sociali ed ecologici del nostro tempo, stimolo da un lato all’innovazione e alla competitività, e dall’altro alla partecipazione e alla coesione sociale.

La messa a terra di questa visione, affermata con forza dall’Europa come dai Ministri del G20, presuppone che la cultura possa esprimere in pieno le sue potenzialità assumendo, insieme alla creatività, un ruolo centrale nelle agende politiche dei governi, interagendo con le politiche per l’innovazione, l’ambiente e lo sviluppo locale, la salute e la coesione sociale, l’occupazione e il benessere, così che prendano corpo sempre più azioni di capacitazione, dedicate a quell’universo di individui che oggi sta attraversando la grande transizione economico-sociale in atto.

In questo quadro diventa centrale il tema dell’accesso alla cultura, ovvero dare a tutti l’opportunità di entrare in contatto, conoscere e partecipare la cultura, trovando soluzioni differenti per raggiungere un pubblico sempre più eterogeneo e internazionale, che oggi – dopo la pandemia – vogliamo ancor più di prima che cresca e torni forte.

Gli individui, il capitale umano, entrando in contatto con la cultura ne diventa «il pubblico». Sono loro i protagonisti indiscussi di questo processo: cittadini, turisti, famiglie, anziani, bambini, studenti e pensionati, che siano atleti o disabili, europei o africani, cattolici o buddisti, laureati o meno … è a tutti loro e molti altri che deve giungere forte e chiaro il messaggio che la cultura reca con sé. È per la loro crescita individuale e collettiva che la nostra eredità culturale deve essere accessibile nel senso più ampio del termine: comprensibile, raggiungibile, godibile. Può esserlo in maniera «reale», attraverso l’esperienza diretta, anche multi-sensoriale; in maniera virtuale, utilizzando una delle molte interfacce che la tecnologia ci mette oggi a disposizione.

Il digitale e la tecnologia hanno modificato la distribuzione e l’accessibilità alle cose del mondo, aprendo la strada a sperimentazioni in tutti gli ambiti, compreso quello culturale, e fornito infinite possibilità di scelta per chi vi opera. Ci permettono di raggiungere persone differenti nello stesso momento con approcci diversi, ma anche con lingue e linguaggi differenti. Banalmente una mostra: web site, canali social, app, unconventional marketing, didattica digitale, immersività, sensori di prossimità, illuminazione modulabile, tablet, realtà aumentata … attraverso queste soluzioni e molte altre ancora possiamo interagire nello stesso momento con più individui, organizzare le informazioni, condividere la conoscenza e stimolare l’apprendimento, arricchire i contenuti (oggi tutti desiderano fortissimamente «partecipare»!).
Contestualmente, proprio questa grande apertura in termini di opportunità rende quanto mai necessaria una adeguata formazione per gli operatori rispetto alle sfide e alle soluzioni possibili tra reale e virtuale, una formazione finalizzata a fornire le competenze necessarie per guidare le scelte – quotidiane e straordinarie – con consapevolezza rispetto agli obiettivi di didattici, divulgativi, dell’intrattenimento, così come di prevenzione e salute …entrando nel grande tema del welfare culturale.

Raggiungere e far crescere l’audience della cultura, è un processo strategico e dinamico, che oggi interessa tutti gli ambiti, dai musei allo spettacolo dal vivo, e può attuarsi con un miglioramento delle condizioni complessive di produzione e fruizione. Presuppone una programmazione culturale ampia, ed una progettazione capace di integrare e mettere a sistema competenze e risorse di diversi settori per il raggiungimento di un benessere delle persone e della collettività, un approccio che si deve diventare via primaria di intervento per città e territori, così come a livello di Paese: le idee e le innovazioni, le politiche che saremo in grado di mettere a terra oggi rimarranno un patrimonio di esperienze prezioso anche dopo il Recovery Plan, saranno un vero e proprio investimento sugli individui e sulla loro crescita, dunque sulla crescita sociale ed economica del Paese.

* direttrice di LuBeC