L’entroterra della Basilicata: ci muoviamo tra superfici collinari dove i paesi stanno come isolotti. Le strade serpeggiano tra ampie campiture verdi e rocce argillose. Gli specchi d’acqua sembrano sgocciolati dal cielo. Ci fermiamo prima della blasonata Matera, al di qua di una meta ormai di largo consumo. C’è tanto spazio qui tra il versante lucano del Pollino e dell’Appennino. E dalla calorosa accoglienza umana l’impressione che si ricava è che questa sia una terra di cui abbiamo ancora un gran bisogno.
Ci aggiriamo nel quadrilatero irregolare dei borghi di Aliano, Castronuovo Sant’Andrea, Montemurro e Moliterno. Messi insieme questi comuni non raggiungono le ottomila anime (al netto comunque delle circa centomila che ne abitano le sparse comunità interne). Qui nel dicembre del 2016 è nato l’ACAMM (acronimo dei quattro paesi) per creare in queste realtà periferiche un sistema sinergico di valorizzazione del patrimonio culturale del territorio. Non vi mancano fondazioni, parchi letterari, musei, biblioteche, centri di documentazione, ma non possono più rimanere scollegati l’uno dall’altro né semplicemente essere affidati alle cure di donne e uomini di buona volontà.
Anche quest’anno i quattro paesi preparano un programma comune, annuale, e agiscono insieme per far crescere l’offerta culturale del territorio, accreditandosi anche a livello nazionale (ricordiamo che a Roma nel 2017 il palinsesto è stato presentato all’Accademia Nazionale di San Luca e nel 2018 alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna). Un fenomeno locale, dunque, che ha l’ambizione di guardare al centro.
Le quattro mostre organizzate dal Sistema ACAMM, che restano aperte fino al 19 dicembre, sono dedicate principalmente alla produzione grafica di avanguardisti del Novecento, quali Pericle Fazzini (al Palazzo De Leo di Aliano), Toti Scialoja (al MIG, Museo Internazionale della Grafica di Castronuovo Sant’Andrea), Assadour (alla Casa delle Muse di Leonardo Sinisgalli di Montemurro) e Henri Goetz (alla Biblioteca Comunale G. Racioppi di Moliterno). Giuseppe Appella è lo storico dell’arte e collezionista che ha ideato e coordinato l’intero ciclo di mostre documentate da agili ed eleganti cataloghi per le Edizioni della Cometa. Sua è la presentazione per Fazzini, mentre Antonello Tolve si è occupato di Scialoja, Federico De Melis di Assadour e Stefania Zuliani di Goetz.
La scelta degli artisti è strettamente connessa ai rapporti da questi intessuti con la Basilicata, viaggiata in lungo e largo per tramite di Appella. Questi, nativo di Castronuovo Sant’Andrea, è stato ed è animatore degli incontri tra artisti e poeti, ed è memoria vivente di buona parte del panorama artistico del XX secolo (soprattutto della Scuola romana), capace come pochi di fondere la speculazione estetica all’odore degli atelier. La sua grande ossessione è la grafica, medium che per la natura seriale, relativamente economica e di facile trasportabilità, bene si presta al processo di «democratizzazione» dell’arte che queste mostre si prefiggono.
Non lontano dalla Casa del confino di Carlo Levi, ad Aliano, le creaturali litografie di Pericle Fazzini (Grottammare, 1913 – Roma, 1987) sono in sintonia con la mistica sensualità dei calanchi. «Lo scultore del vento», come lo ha definito Ungaretti (alla cui espressione arcigna Fazzini ha per contro dedicato una delle sue creazioni più solide), imprime un continuo movimento alle sue materie. Un movimento come metamorfosi della figura, come costante oscillazione tra organico e inorganico. Così nel suo lavorìo litografico ci appare il tema ricorrente dello studio, della natura, e, con una maggiore spinta drammatica, il tema del Cristo. Alternando superfici levigate alla distorsione del graffio, Fazzini in un’opera del ’70, rimugina una sorta di nostos tematico, fatto di mare fanciullo e gabbiano, che riattiva la memoria di una delle sue sculture forse più liriche: il Ragazzo con i gabbiani del ’44.
Di altra natura è invece il lavoro grafico di Toti Scialoja (Roma, 1914-1998). Un segno pittorico che dal ’45 al ’97 (questi gli anni coperti dalle opere in mostra) ha seguito le espansioni dell’espressionismo astratto americano (come nel Mattino d’inverno del ’55) e le contrazioni di un discorso più disciplinato e modulare (come Orizzonte del ’74), per trascinarci negli ultimi due decenni della sua vita in spruzzate deflagrazioni gestuali. Tolve giustamente sottolinea in catalogo la poliedricità di Scialoja pittore e poeta. L’artista, infatti, riflettendo sui due mondi che lo abitano, sostiene di non poter distinguere i piani se non attraverso la «spazialità» per la pittura e il «suono» per la poesia, che si presentano come due dimensioni che lo pre-esistono, e di cui, di volta in volta, andare in cerca.
L’unico artista ancora vivente, dei quattro selezionati per ACAMM, è l’incisore libanese, di stanza a Parigi, Assadour (Beirut, 1943). Intimo amico di Leonardo Sinisgalli, con cui condivideva l’amore per la poesia e la matematica, i suoi lavori non potevano che essere accolti dalla Fondazione intitolata al poeta lucano, egregiamente diretta da Biagio Russo. Qui le enigmatiche rappresentazioni di Assadour mostrano un caos ben organizzato e un cosmo in subbuglio. Micro e macro vi sono mescidati senza apparenti rapporti gerarchici. Meteoriti, omini meccanici, piramidi, agglomerati urbani, lettere, numeri e geometrie spezzate si scontrano e ricompongono continuamente nella metafisica di assi matematici. Assadour, come riflette De Melis, nelle sue acquaforti sottopone questi oggetti «imperiosamente al fluire del tempo presente, che si può immaginare contato dai granelli di sabbia nella clessidra: clessidra che l’artista si incarica di rovesciare a ogni cambio di scena».
Infine Zuliani ci introduce alle forme aperte di Henri Goetz (New York, 1909 – Nizza, 1989), che nel ’30 si trasferisce a Parigi per cominciare una ricerca artistica sotto il segno dell’impermanenza. Liberatosi infatti dalla rappresentazione realistica, Goetz, amico di Bauer, Hartung, Picabia, de Staël, ingaggia con l’arte una sempre nuova formulazione di immagine, sulla traccia di continui aggiornamenti tecnici. Nel campo della grafica celebre tra gli artisti di allora è stato il procedimento Goetz, una preparazione del supporto con polvere di carborundum (carburo di silice) il cui esito materico e brillante è possibile vedere ora qui a Moliterno.