La pioggia delle scorse settimane ha dissestato ulteriormente il percorso che dall’incrocio di contrada Apa, passando per il presidio No Muos, porta al cancello 1 della base Nrtf di Niscemi, all’interno della quale è stata collocata una delle quattro postazioni geostazionarie del sistema Muos dislocate sul globo, e ieri nonostante le previsioni incerte il tempo ha retto e permesso una partecipata manifestazione. Circa due mila persone hanno percorso il lungo sentiero, in testa bambine e bambini delle scuole elementari reggere cartelli che componevano la scritta «Abusivo», tante bandiere No Muos, della Pace, di Legambiente, Wwf, striscioni di associazioni antimafie, canti e cori hanno preso il la dalla voce delle donne e mamme No Muos. Ci sono anche il Movimento No Triv e quello No Tav. Un corteo determinato e gioioso all’interno del quale hanno sfilato anche Leoluca Orlando, oltre che sindaco di Palermo anche presidente dell’Anci Sicilia, il sindaco di Niscemi Francesco La Rosa e numerosi altri rappresentanti in fascia tricolore, anche loro a rivendicare il ruolo dei territori e condannare «le decisioni e imposizioni dall’alto prese dai governi nazionali e regionali precedenti e attuali». Ingente anche il dispiegamento di Forze dell’Ordine dentro e fuori la base a seguire passo passo il serpentone colorato. In centinaia i manifestanti coi visi colorati come indiani, qualcuno di loro dice al microfono: «Siamo gli indiani della Riserva di Niscemi e lotteremo finché il Muos non verrà smantellato», qualcuno altro fa un appello per il primo maggio a Lampedusa, c’è chi ricorda ciò che avviene in Kurdistan, quello che emerge in tanti interventi fatti durante e alla fine del percorso è la necessità di una critica profonda al sistema militarista che in Sicilia ha trovato stanziamento, relegando l’isola ad un avamposto militare.

I passi in marcia sollevano polvere, quella nascosta per bene sotto il tappetino di accordi mai ratificati dal Parlamento e di autorizzazioni concesse in assenza di documentazioni e analisi dei rischi per la salute umana, dell’ecosistema circostante e addirittura del traffico aereo. A Niscemi si sono ritrovati in tanti, stavolta non solo per simbolicamente rivendicare i principi, diritti e doveri su cui è stata edificata la lotta No Muos ma anche per gioire assieme per quei punti segnati prima dal Tar di Palermo presieduto da Caterina Criscenti con la Sentenza n. 461/2015 del 13 febbraio scorso e poi dal Gip del Tribunale di Caltagirone che su richiesta della Procura ha ordinato il sequestro preventivo del cantiere, eseguito il primo di aprile con l’apposizione dei sigilli. Due provvedimenti separati e autonomi, uno di tipo amministrativo, l’altro di carattere penale ma convergenti nel concetto che i permessi siano stati concessi senza i dovuti approfonditi riscontri tecnici; infatti il Procuratore Verzera ha tenuto a precisare all’indomani dell’ottenuto sequestro, di «aver fatto il proprio dovere», dando seguito con «un atto dovuto» a quanto rilevato dal Tar secondo cui, si legge nella sentenza, «l’acclarato vizio di difetto di istruttoria non poteva essere sanato ex post attraverso provvedimenti di secondo grado» come attuato invece dalla Regione Siciliana con la «revoca della revoca» e dunque di fatto, anche in riferimento alla verificazione del Professore Marcello D’Amore, ritenendone abusiva la realizzazione e il proseguimento dei lavori, ancor più questa sia stata costruita in una zona vincolata «con divieto assoluto di edificabilità,anche per finalità di carattere militare».

Il Movimento dei comitati sa bene non si tratta di vittorie definitive, certamente però del riconoscimento che «si aveva ragione» su alcuni punti saldi come i vizi alle autorizzazioni e che dunque la richiesta dello stop ai lavori fosse ragionevole. Dal fronte dei partiti e dei movimenti politici si registrano nuove azioni dei deputati nazionali Sel e M5s, anche della eurodeputata Gue Eleonora Forenza, la quale rivolgendosi alla Commissione Europea chiede se non vi siano gli estremi per una azione sanzionatoria nei confronti dello Stato e della Regione Siciliana per la violazione delle norme comunitarie. Sino ad oggi il Ministero della Difesa ha risposto con vacue antitesi, spiegazioni approssimative e non del tutto corrette. A queste fanno da contraltare le azioni della Magistratura, minata da tentativi di delegittimazione espressi in alcuni editoriali e articoli, sia riferiti al Tar palermitano che in ultimo alla Procura di Caltagirone, che non si sostituisce a nessuno e non sconfina dal proprio compito, piuttosto nel perimetro del proprio ruolo ha rilevato illegittimità non trascurabili che hanno portato ai provvedimenti sopracitati. Gli attivisti si sono lasciati con la promessa che non abbasseranno la guardia.