Una delle caratteristiche salienti del governo giallo-verde è una sorta di «estetica selettiva della ruspa». Il governo invoca con veemenza la demolizione quando ci sono di mezzo campi rom o baracche di migranti, mentre si astiene sistematicamente dal farlo quando in questione è l’abusivismo edilizio. Nemmeno dopo l’ultima tragedia (la strage di Casteldaccia, vicino a Palermo), Salvini e Di Maio se la sono sentiti di dire qualcosa di significativo contro l’abusivismo.

SE SI CONOSCE bene il fenomeno dell’abusivismo in Italia, però, ciò non appare per nulla strano. L’abusivismo è, infatti, un fenomeno di massa: secondo gli studi del Cresme, gli abusi edilizi caratterizzavano il 16% dei nuovi alloggi realizzati nel 2017 – un dato in linea con quello degli ultimi 50 anni. In certe aree del sud Italia gli abusi edilizi caratterizzano quasi il 50% delle costruzioni.
Stiamo parlando, nel complesso, di milioni di casi.

È BENE TENERE presente che non si è quasi mai di fronte a un abusivismo «di necessità». Non sono cioè i poveri che costruiscono violando le leggi, come extrema ratio per accedere a un alloggio. Spesso è invece la classe media che edifica illegalmente – per esempio, una seconda casa al mare o un piano aggiuntivo alla casa di famiglia. A fronte di questo quadro non è sorprendente la posizione del governo giallo-verde, che non solo non si schiera contro l’abusivismo, ma che sta anche per approvare un condono per Ischia e altre zone ècolpite da eventi sismici. Trattandosi di un fenomeno che tocca direttamente milioni di elettori, il governo populista si guarda bene dal contrastarlo. Al contrario, attraverso il «micro-condono» di Ischia lancia un messaggio chiarissimo: magari non approveremo un nuovo condono nazionale, ma sicuramente non faremo nulla per incentivare le demolizioni.

UNA SIMILE posizione è perfettamente in linea con gli ultimi 30 anni di politica nazionale. In Italia abbiamo una delle leggi europee più severe contro l’abusivismo edilizio, che prevede una rapida demolizione delle costruzioni illegali a carico del proprietario. Nel caso ciò non avvenga, l’immobile abusivo diviene di proprietà pubblica. Tale severità, però, rimane quasi sempre sulla carta. Dal 2004 in avanti, solo il 20% degli immobili colpiti da un ordine di demolizione è stato abbattuto. E solo nel 3% dei casi gli immobili abusivi non abbattuti sono passati nelle mani dei Comuni.

Tutto ciò vviene anche perché i politici locali non hanno alcun incentivo a favorire le demolizioni. Sull’abusivismo si costruiscono straordinarie clientele elettorali. Per di più abbattere un immobile illegale è non solo complicato (spesso si innescano processi che durano anni), ma anche costoso: demolire una casa costa decine o anche centinaia di migliaia di euro, che dovrebbero essere rimborsati al Comune dal proprietario dell’immobile, cosa che però raramente avviene.

A TUTTO CIÒ si associa un’imperitura attitudine della politica nazionale verso la tolleranza nei confronti dell’abusivismo, che si è materializzata in tre condoni edilizi. La loro ciclicità (1985, 1994, 2003) ha rappresentato un fenomenale incentivo all’abusivismo: si è costruito illegalmente nell’attesa di un nuovo condono, certi che questo sarebbe prima o poi arrivato. Dulcis in fundo, in molti casi tali condoni hanno garantito di fatto la regolarizzazione dell’abuso a costo zero. La domanda di condono, se approvata, comporta infatti il pagamento alle istituzioni pubbliche di una certa cifra (per esempio, per ammende e oneri di concessione). Nel 2016, su 15,4 milioni di pratiche presentate nel corso dei tre condoni, risultavano però ancora inevase 5,4 milioni di domande (di cui 3,5 milioni sono relative al condono del 1985). È facile ipotizzare che molte di queste domande non verranno mai esaminate, garantendo così una sorta di regolarizzazione a costo zero di questi abusi (nell’attesa dell’esame della domanda di condono, infatti, ogni provvedimento contro l’abuso è congelato).

NATURALMENTE, a fronte di un fenomeno tanto radicato, diffuso e complesso, trovare una soluzione non è facile, nemmeno per un volenteroso governo del cambiamento. Tuttavia alcuni passi avanti potrebbero essere fatti con una certa facilità, per esempio correggendo alcuni dei problemi più macroscopici dell’attuale legge sull’abusivismo. Si tratterebbe di provvedimenti a bassissimo costo economico. Tuttavia è innegabile che il loro costo politico sarebbe alto, visto che si metterebbero in discussione diritti che milioni di persone considerano ormai acquisiti da tempo. E, naturalmente, i populisti al governo non intendono pagare questo prezzo, anche se ciò significherebbe, in alcuni casi, salvare vite umane.

* Gran Sasso Science Institute, L’Aquila