Il cardinale George Pell, prefetto della Segreteria vaticana per l’economia, è stato incriminato da un tribunale australiano per abusi sessuali su minori, che avrebbe commesso quando era giovane prete.

La notizia è stata diffusa nella notte di mercoledì dalla polizia australiana dello Stato di Victoria e confermata dal Vaticano e dallo stesso Pell, il quale ha dichiarato la propria innocenza, ha temporaneamente lasciato ogni incarico in Curia (o è stato costretto a lasciare?) e, fatto inedito per un prelato del suo rango, il prossimo 18 luglio sarà in aula, in Australia, a rispondere ai magistrati.

LA POLIZIA DI VICTORIA, dopo la notifica dell’incriminazione ai legali del cardinale, si è limitata a comunicare che ci sono «più querelanti» ad aver raccontato di aver subito molestie e abusi sessuali da Pell negli anni ‘70, quando il prefetto della Segreteria per l’economia era un semplice prete a Ballarat, sua città natale.
In particolare, secondo le ricostruzioni della stampa australiana non confermate dalla polizia, le vittime sarebbero tre minori, oggi adulti. A queste si sommano accuse provenienti da un altro filone d’indagine, l’inchiesta della Commissione governativa australiana che da quattro anni indaga sugli abusi sui minori commessi anche da preti e religiosi in tutta l’Australia.

IN QUESTO CASO PELL – che ha sempre respinto ogni addebito – non è accusato di aver commesso abusi, ma di aver insabbiato alcuni scandali e di aver coperto alcuni preti pedofili nelle diocesi di cui è stato vescovo, Melbourne e Sidney. Appena la notizia dell’incriminazione si è diffusa, alle 4.30 di notte il portavoce vaticano Greg Burke ha convocato via e-mail i giornalisti per una conferenza stampa estemporanea, in cui sarebbe stato presente lo stesso Pell, alle 8.30 di ieri mattina, mentre a San Pietro si ultimavano i preparativi per la messa dei santi Pietro e Paolo. Segno inequivocabile della gravità della situazione.

«L’INDAGINE È IN CORSO da due anni, ci sono state fughe di notizie ai media, si tratta di un accanimento senza tregua», ha contrattaccato Pell, ma «adesso sono contento che finalmente potrò difendermi nei tribunali.
Ribadisco la mia innocenza, le accuse sono false, la sola idea di abuso sessuale è per me ripugnante». Ha poi aggiunto di aver tenuto sempre informato papa Francesco, il quale, visto il precipitare della situazione, gli ha concesso «un congedo temporaneo» per poter dimostrare la propria estraneità ai fatti. Pell dunque il prossimo 18 luglio, data dell’udienza, si recherà in Australia per difendersi direttamente in tribunale davanti ai magistrati e, forse, ai suoi accusatori. «Sono sempre stato coerente e chiaro nel respingere le accuse – ha concluso -, le notizie di queste ore rafforzano la mia risolutezza e il processo giudiziario mi offre la possibilità di difendere il mio nome e tornare al mio lavoro a Roma».

AL DI LÀ DELLE ACCUSE ancora da dimostrare e degli esiti processuali, il fatto che un cardinale del livello di Pell – ultraconservatore – uomo di fiducia di papa Francesco, che lo ha voluto nel Consiglio dei cardinali che sta preparando la riforma della Curia e lo ha messo a capo del superministero dell’Economia: di fatto è il n. 3 in Vaticano, dopo il papa e il segretario di Stato Parolin – si rechi in un tribunale penale a difendersi dalle accuse di pedofilia è una novità nella condotta vaticana, che finora ha sempre interposto scudi diplomatici di varia natura per salvare dai processi i propri membri.
Lo stesso Pell in almeno due occasioni ha testimoniato e risposto alle domande dei magistrati – sia nell’ambito dell’inchiesta dello Stato di Victoria che della Commissione governativa –, ma sempre in videoconferenza, da Roma, mai in aula.

ALLE DICHIARAZIONI DI PELL è seguita una nota della sala stampa vaticana in cui, con reticenza tipicamente clericale, si conferma tutto ma non si fa alcun riferimento alla natura delle accuse rivolte al cardinale.
«La Santa sede ha appreso con rincrescimento la notizia del rinvio a giudizio per imputazioni riferibili a fatti accaduti alcuni decenni orsono», si legge nel comunicato.

«MESSO AL CORRENTE del provvedimento, il card. Pell, nel pieno rispetto delle leggi civili e riconoscendo l’importanza della propria partecipazione affinché il processo possa svolgersi in modo giusto e favorire così la ricerca della verità, ha deciso di far ritorno nel suo Paese per affrontare le accuse. Il santo padre, informato di ciò dallo stesso card. Pell, gli ha concesso un periodo di congedo per potersi difendere. La Santa sede esprime il proprio rispetto nei confronti della giustizia australiana che dovrà decidere il merito delle questioni sollevate.

Allo stesso tempo va ricordato che il card. Pell da decenni ha condannato apertamente e ripetutamente gli abusi commessi contro minori come atti immorali e intollerabili, ha cooperato in passato con le autorità australiane e, come vescovo diocesano in Australia ha introdotto sistemi e procedure per la protezione di minori, e per fornire assistenza alle vittime di abusi».
Il 18 luglio la resa dei conti.