Il sequestro di persona non può essere giudicato e punito se coperto da segreto di Stato. Non solo. Il sequestro di persona può essere “oggettivamente orientato alla sicurezza dello Stato”. Sembra proprio essere questa la ratio che anima le motivazioni alla sentenza con cui la Corte costituzionale un mesa fa ha accolto i ricorsi sollevati dai governi Monti e Letta contro i giudizi di colpevolezza a carico degli uomini del Sismi, su tutti l’ex direttore del servizio Nicolò Pollari e il suo braccio destro Marco Mancini, per il sequestro di Abu Omar avvenuto nel 2003 a Milano in cogestione con la Cia. Le motivazioni depositate l’altra sera in sostanza dicono che l’esecutivo politico prevale sulla giustizia civile. La tesi piuttosto ardita è sostenuta in un lungo testo pieno di cavillosità tecniche che rischia di stabilire un principio molto pesante e che potrebbe far giurisprudenza anche in molti altri casi. Sostanzialmente viene ribadita la legittimità della linea del silenzio omertoso dello Stato nel paese che continua a mantenere il più fitto mistero su cruciali eventi storici che ne hanno segnato la storia.
La Corte costituzionale con questo atto cancella la sentenza del settembre 2012 con cui la Cassazione annullò il non luogo a procedere pronunciato dai giudici di merito per via del segreto di stato e allo stesso tempo dà ragione ai governi che si sono opposti alla sentenza di condanna pronunciata dalla Corte d’appello di Milano che aveva inflitto a Pollari e Mancini rispettivamente 10 e 9 anni di carcere. La Cassazione aveva cercato di aggirare il blocco imposto dal segreto di Stato sostenendo tra l’altro che quel sequestro era stato compiuto da singoli agenti secondo condotte individuali al di fuori della copertura fornita dal segreto. Per la Corte costituzionale invece sarebbe “arbitrario l’assunto secondo cui il vincolo del segreto dovrebbe intendersi circoscritto alle sole operazioni che avessero coinvolto ufficialmente i Servizi nazionali e stranieri legittimamente approvate dai vertici dei servizi italiani”. E ancora. Circoscrivere le azioni cui si applica il segreto “finirebbe per incidere direttamente sul potere di determinazione di quale fosse il reale ambito dei fatti e delle notizie coperte da segreto”. Determinazione che per la Consulta compete solo al governo.
Dunque mentre la Cassazione giudicava il sequestro all’interno di azioni “extrafunzionali” condotte “a titolo personale” dagli 007 coinvolti e quindi non coperte dal segreto di Stato. Per la Corte costituzionale tutto è coperto e solo il governo può decidere fino a dove estendere il segreto. Nelle motivazioni si richiama l’articolo 52 della Costituzione e si ribadisce che “Il Presidente del consiglio dei ministri gode di un ampio potere discrezionale, sul cui esercizio è escluso qualsiasi sindacato dei giudici comuni, poiché il giudizio sui mezzi idonei a garantire la sicurezza dello stato ha natura politica”. Il segreto di Stato, conclude la Consulta, copre tutti gli atti compiuti dagli agenti senza che possano esistere ambiti personali e extrafunzionali. Ma poi aggiunge “a condizione che gli atti degli agenti siano oggettivamente orientanti alla tutela della sicurezza dello Stato”. E proprio questo è il punto più difficile da accettare. Perché sembra comportare l’assurdità che un sequestro di persona possa essere compatibile con la tutela della sicurezza dello Stato. Anche in contrasto con quanto stabilito dalla legge sui servizi segreti del 2007. Insomma il fine giustifica i mezzi e entrambe li decide chi è al potere.
Ieri Nicolo Pollari ha rotto il silenzio. “Sulla vicenda – ha detto – fin dall’inizio ho sollevato il segreto di Stato perché mi fu ordinato per iscritto da quattro governi della Repubblica, pur avendo chiesto la cortesia di sollevarmi dal segreto di Stato per potermi difendere dalle accuse. Laddove fosse stato possibile disporre degli elementi di prova coperti non sarei entrato in questo processo. Il segreto copre la mia estraneità e la mia ferma determinazione a impedire che si verificassero fatti di questo genere”.
Adesso la palla ripassa alla Cassazione che il 24 febbraio potrebbe passarla di nuovo alla corte d’appello. Ma ormai tra due mesi scatta la prescrizione.