Tra Tel Aviv e Ramallah Dio oltre a nomi diversi deve avere anche molte orecchie. Perché le preghiere che nella notte israeliani e palestinesi hanno levato verso il cielo erano tante e con richieste opposte. Quando dall’Arizona, dal Michigan e dagli altri battleground states sono cominciati ad arrivare i primi risultati incerti a conferma che tra Donald Trump e Joe Biden sarà una lunga battaglia per la conquista della Casa Bianca, nelle colonie israeliane hanno fatto riti e scongiuri a sostegno del presidente. Tutti i presidenti Usa sono stati stretti alleati di Israele. Ma nessuno fra loro ha fatto più di Trump per favorire gli interessi dello Stato ebraico e la colonizzazione israeliana dei territori palestinesi occupati e per demolire la legalità internazionale alla quale sono ancorati i diritti dei palestinesi. I settler lo hanno ringraziato pregando per lui. Parecchi hanno anche votato per lui.

 

Sono circa 190mila gli israeliani con cittadinanza statunitense e migliaia di loro vivono da coloni in Cisgiordania. Se in passato non si erano dati la pena di votare o lo avevano fatto in pochi, stavolta un numero imprecisato di israeliani con passaporto americano si sono registrati e hanno spedito la loro scheda con il voto usando i corrieri. Voti per Trump. «Mai la distanza tra ebrei americani ed ebrei israeliani è stata tanto ampia» bofonchiava ieri sera su Twitter la reporter progressista Mairav Zonszein, ora negli Usa, commentando i risultati del sondaggio dell’Israel Democracy Institute che danno il 70% degli israeliani ebrei schierati con Trump. E fatto ancora più significativo, sottolineava Zonszein, la sinistra in Israele è spaccata a metà tra sostenitori del presidente Usa e Joe Biden. L’inquilino della Casa Bianca non ha realizzato solo le aspirazioni del governo di Benyamin Netanyahu, ha anche conquistato il cuore di tanti israeliani che si definiscono di sinistra.

 

Netanyahu, che più di ogni altro israeliano era chiamato a pregare per la vittoria di Trump, è rimasto tranquillo tutto il giorno. Sui social ieri ha scritto solo di coronavirus e del suo incontro con il premier rumeno. Come dargli torto. Qualunque sarà il risultato del voto o della seconda guerra civile americana che Trump minaccia di scatenare pur di rimanere alla Casa Bianca, lui alzerà il calice e brinderà. In silenzio ha tifato per Trump. Ma visto che l’establishment democratico Usa, alle primarie di inizio anno, ha fatto naufragare le chance del senatore socialista Bernie Sanders, molto critico delle politiche di Israele, e ha assegnato al suo amico di lunga data Joe Biden il compito di sfidare Trump, Netanyahu ha dormito sempre tranquillo in questi mesi. Biden non resetterà ciò che ha fatto Trump – Gerusalemme capitale di Israele, riconoscimento Usa delle colonie ebraiche, normalizzazione tra paesi arabi e Stato ebraico – e Netanyahu ha già fatto sapere che «sarà lieto di lavorare con qualsiasi presidente americano».

 

Ai palestinesi sotto occupazione che alla Casa Bianca ci sia Biden o Trump non importa molto. Sanno che Biden, se vincerà, avrà atteggiamenti diversi dal suo avversario ma nella sostanza non cambierà la politica Usa nella regione. Però Alin Abdel Hadi, nata 38 anni fa a Detriot, cittadina statunitense, avrebbe voluto votare. Da una dozzina di anni è venuta a vivere a Deir Dibwan, il villaggio dei genitori. «Ho la residenza qui in Cisgiordania e senza un permesso israeliano non posso andare a Gerusalemme. Intendevo registrarmi all’ambasciata Usa ma non mi è stato possibile. Avrei scelto Biden». A quanto pare il prezioso passaporto blu nelle mani dei palestinesi vale di meno.

 

Una linea diretta con il Padreterno ha cercato di stabilirla il presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen. Con il suo entourage, dietro le quinte, ha pregato per la vittoria di Biden. Ufficialmente, fanno sapere da Ramallah, «i rapporti con Washington resteranno freddi» perché gli Usa ha perduto lo status di «mediatori imparziali». Ma dopo quattro anni di scontro duro con Trump, Abu Mazen è convinto di poter stabilire relazioni migliori con Biden e di rilanciare la soluzione a Due Stati. E questa mattina spera di ricevere buone notizie dagli Usa.