Shock tra i palestinesi, indifferenza tra gli israeliani. In una intervista trasmessa ieri, alla conferenza sulla sicurezza dell’Inss di Tel Aviv, il presidente dell’Anp Abu Mazen si è detto pronto ad accettare che, dopo la firma di un accordo definitivo, Israele non ritiri subito le sue truppe di occupazione dai Territori ma lo faccia in un periodo di tre anni. In poche parole nello Stato di Palestina ci saranno ancora truppe israeliane per tre lunghi anni. «I confini di uno Stato palestinese saranno solo nelle mani dei palestinesi», ha aggiunto Abu Mazen. Una concessione enorme mentre la sua gente che gli chiede di impedire che l’occupazione si perpetui in una forma mascherata. In ogni caso le parole del presidente dell’Anp sono cadute nel vuoto. Il governo israeliano rema nella direzione contraria alla realizzazione di uno Stato di Palestina realmente sovrano.

Il premier Netanyahu, intervenendo alla stessa conferenza, ai palestinesi ha ripetuto che non avranno un loro Stato se non riconosceranno Israele come “Stato degli ebrei” oltre a tutte le richeste di sicurezza presentate dal suo governo. «Il conflitto non dipende dai coloni (israeliani) ma dall’opposizione araba allo Stato ebraico», ha detto. Quindi ha avvertito che Israele non si sente obbligato ad accettare tutti i punti che la mediazione americana inserirà nell’accordo quadro di cui si parla da tempo.

E ieri il ministro è tornato alla carica anche il ministro della difesa Moshe Yaalon, tenacemente contrario all’indipendenza (vera) dei palestinesi. L’Anp non è «un vicino affidabile sul quale Israele può contare», ha tuonato Yaalon che qualche settimana fa non aveva esitato a descrivere come “ossessivo” e visionario persino l’alleato segretario di stato americano John Kerry, aggiungendo che lo scorso anno l’Anp ha arrestato più di 1000 persone «associate ad Hamas», ma nessuna è stata portata in giudizio. A completare il quadro di un governo israeliano che a tutto pensa meno che a garantire l’indipendenza palestinese c’è l’«iniziativa» del ministro dell’edilizia, Uri Ariel. Alleato di ferro dei coloni, Ariel sta organizzando per domani un raduno di preghiera di massa davanti al Muro del Pianto contro la partecipazione al processo di pace e contro «i grandi pericoli diplomatici che si parano dinanzi alla terra di Israele».