Il disegno di legge sulle «semplificazione in materia urbanistica» che il Consiglio regionale abruzzese si appresta a varare oggi, dopo essere passato alla chetichella in commissione senza neppure uno straccio di audizione, sfrutta l’occasione delle misure anti-Covid come la legge Fini-Giovanardi sulle droghe fece con le Olimpiadi invernali del 2006 (e per questo azzerata nel 2014 dalla Consulta).

Contrariamente al nome che portano, le «Modifiche ed integrazioni alle leggi regionali n. 18/1983 e n. 11/1999 e misure urgenti e temporanee di semplificazione in materia urbanistica» contenute nel ddl 135/2020 a firma del presidente del Consiglio della Regione Abruzzo Lorenzo Sospiri, di Forza Italia, e dell’assessore regionale all’Urbanistica, il leghista Nicola Campitelli, insieme ad altri consiglieri del centrodestra, non sono né urgenti né tantomeno temporanee. Ne sono convinti tutti i partiti d’opposizione, dentro e fuori il consiglio, dal Prc al Pd che ha annunciato l’ostruzionismo in Aula, e le associazioni sociali e ambientaliste, dalla Coalizione civica Pescara a Italia nostra, dal Forum Abruzzese dei Movimenti per l’Acqua al Wwf.

SONO QUELLE CHE NON hanno potuto esprimere un parere perché non interpellate e che invece ieri hanno lanciato un appello ai consiglieri regionali abruzzesi affinché non votino una proposta definita dal Wwf «sbagliata nel metodo, nei contenuti e nei tempi». Una «deregulation» totale, la definiscono tutti, perché «con la scusa del Covid», come fa notare il segretario del Prc Maurizio Acerbo, i 13 articoli del ddl prevedono la possibilità di apportare «corpose varianti al Piano regolatore regionale con un atto di giunta». Eliminando, come scrive Prof. Stefano Civitarese, ordinario di Diritto amministrativo all’università di Pescara, «qualsiasi residuo elemento di controllo sulle scelte urbanistiche dei comuni – i piani attuativi in variante al Prg per esempio non dovranno più essere approvati dalle provincie – e consentire operazioni di rilevante impatto urbanistico in assenza delle verifiche ambientali e anche del controllo democratico dei consigli e della cittadinanza».

VARIANTI AL PIANO REGOLATORE, Piani Particolareggiati o Piani di lottizzazione privata avranno la strada spianata perché «decorsi 30 giorni dalla presentazione senza che il Comune abbia assunto provvedimenti deliberativi», «i richiedenti possono inoltrare al Comune un atto di diffida, trasmettendone copia alla Regione, la quale, decorso l’ulteriore periodo di 30 giorni senza che il Comune abbia deliberato, provvede in via sostitutiva nei 30 giorni successivi a mezzo di apposito Commissario ad acta, all’uopo designato».

Insomma: «modificazioni parziali o totali sul patrimonio edilizio esistente; cambi di destinazione d’uso; possibilità di ricorrere al permesso di costruire convenzionato in sostituzione di strumenti attuativi; individuazione di edifici sui quali è consentito realizzare interventi di rigenerazione e riqualificazione edilizia»: tutto si potrà fare, secondo le associazioni ambientaliste e civiche che si oppongono al disegno della giunta Marsilio (qualche giorno fa la visita di Giorgia Meloni che ha definito il suo un «buongoverno»), bypassando comuni e province.

C’È POI LA POSSIBILITÀ di utilizzare temporaneamente «immobili per usi diversi da quelli consentiti» o «di installare strutture rimovibili», «a servizio di attività commerciali e di ristorazione, anche in deroga ai regolamenti edilizi e agli strumenti urbanistici comunali, per un periodo massimo di due anni» (art.12). Periodo che però è rinnovabile senza limiti. Più avanti si specifica infatti: «Salvo il successivo adeguamento degli strumenti urbanistici nel caso in cui le destinazioni d’uso temporanee diventino stabili».

INSOMMA la «semplificazione» non è altro che un condono regionale su interventi urbanistici privati contando sulle lentezze degli uffici comunali e provinciali. Ad ammetterlo sono gli stessi Sospiri e Campitelli: «Nessuna furbata, nessun regalo ai costruttori, nessuna strizzatina d’occhio – scrivono sul sito del consiglio regionale – ma semplicemente la consapevolezza di dover far ripartire due settori, quello dell’edilizia e quello del commercio, che sono il motore del nostro Abruzzo». Di quale Abruzzo parlino non è dato sapere, certonon è quello del futuro.